sabato 19 marzo 2016

Orfani - stagione uno -

Il più buon minestrone che abbia mai assaggiato

Retrospettiva fumetti: Orfani da 1 a 12 (prima stagione 2013/2014)

La spettacolare copertina di Massimo Carnevale
per il n.10 © Sergio Bonelli Editore

 Il titolo magari può apparire fuorviante ma è un elogio al lavoro svolto su "Orfani" della Bonelli e dagli autori. Andiamo con ordine però. Non è mica semplice dire "di quel film mi è piaciuto questo, quel libro ha quello di buono e quell'altro no, quel fumetto ha un'idea davvero tosta, se prendo il meglio da tutti e li metto assieme ne uscirà un capolavoro" come se si potesse creare un dream-team delle idee o della narrazione. Se si fa una cosa del genere di solito ne esce una merda di proporzioni impressionanti. C'è riuscita J.K. Rolwinlg con Harry Potter, sì, si è ispirata a tantissime cose, ne ha tratto il meglio e le ha rielaborate in modo magistrale e personale. Orfani in maniera seppur non altrettanto dirompente è riuscito nell'intento, una prima stagione che ricorda tante cose ma che ha un'identità precisa e che ora della fine non ci appare più non come ammasso di citazioni e spunti ma come creatura a sé stante.
Come si suol dire "copiare da uno è plagio, copiare da molti è ricerca", o ispirazione aggiungo  io.

Per un buon punto di partenza per la storia che si fa? Prendiamo il mondo attaccato e semi-distrutto da invasori alieni e le forze terrestri che addestrano e modificano geneticamente dei ragazzini per renderli dei guerrieri perfetti al fine sconfiggere questo nemico che viene dalle stelle. E qui siamo sul classico, negli anime giapponesi fin dagli anni '70 una miriade di ragazzini hanno pilotato robot giganti, difendendo il mondo alla faccia degli adulti. Bisogna farlo bene però, prendiamo il rigore militare e la vita da caserma di "Fanteria dello spazio" di Robert Anson Heinlein (confermato dagli autori) e l'addestramento dei bambini in stile "Il gioco di Ender" di Orson Scott Card, due romanzi premi Hugo, mica fantascienza dozzinale. Infarciamo i rapporti tra i ragazzi di crudeltà e vita da branco come ne "Il signore delle mosche", classico di William Golding (anche questo ammesso dagli autori) e una volta adulti mettiamoli in tute ed elmetti alla Master Chief del videogioco Halo (piace all'autore, sarà mica una colpa!). Sbattiamo bene in faccia al lettore il fatto che tutti, protagonisti e comprimari possono morire da un momento all'altro, giusto per aumentare la tensione e per sfatare il mito che nei "Bonelli" gli eroi sono eterni. E qui citerei Gantz di Hyroia Oku che di protagonisti, o presunti tali, ne fa fuori un bel po' e rinnova renza ritegno molto spesso il cast della serie. Abbiamo una buona base e ora? Strutturiamo gli albi a metà, per le prime cinquanta pagine flashback dei protagonisti dall'inizio della distruzione della terra al reclutamento e oltre, le altre cinquanta pagine delle loro vicende da adulti. Dosiamo così i particolari sui rapporti che intercorrono tra loro e sui relativi retroscena.

La geniale sequenza di pag.3

dei numeri 9,10,11,12 cambia in
base ai protagonisti ancora vivi
© SBE & rispettivi autori


I protagonisti, appunto! Questa è una parte fondamentale. Usiamo il classico e rodato team alla giapponese, cinque persone (come i Power Rangers o il team dei buoni di Megaloman? Sì anche) come in Vultus V, Golion (Voltron per gli americani e quelli che hanno la memoria corta). Ma non cinque qualunque, abbiamo i cinque archetipi dei protagonisti, ovvero:
  • il leader, quello che nei cartoni è vestito di rosso, Jonas (il pelato) equilibrato, bravo, si becca la figa di turno, comanda e ha sempre ragione, il topolino della situazione, un eroe ma anche una palla pazzesca. Nome in codice Boyscout, fatalità il soprannome che spesso nei fumetti DC danno a Superman, un altro che è il primo della classe in tutto tranne che in simpatia.
  • il solitario, spesso cinico, duro e forte come il leader ma che dato che non gli va di fare campagna politica nè di mettersi in mostra resta ai margini del gruppo e le donne che vede col binocolo sono quelle degli altri. Qui è Raul che prende il posto del deceduto Felix (anche in Golion/Voltron uno del quintetto base muore e viene sostituito) e assume il nome di battaglia, guarda caso, di Eremita, il cecchino che guarda le spalle agli altri.
  • la ragazza, sembre bella, sveglia, gnocca e che, guarda caso, finisce per avere un debole per il leader, e già qua sta sul cazzo un bel po'. In orfani è Juno, l'Angelo. C'è da dire che sul finale della serie fa del buono e guadagna punti ma non entra mai nel cuore del lettore, che nello specifico sono io.
  • il ragazzino, spesso stupidino o genio della tecnologia, sempre divertente. Qui Sam, la più piccola del gruppo, presa prima come sorellina minore da Ringo e poi come sua amata. Sta di fatto che la Mocciosa (ovvio no?) non fa ridere per niente ed è un genio solo a far fuori la gente, mentalmente instabile per non dire che è una fottuta pazza sanguinaria. Finisce per essere pure simpatica perchè è talmente incoltrollabile che non può non piacere.
  • il ciccione. E qui salta il banco, il quinto non è il ciccione-bonaccione, in orfani il quinto è un rompi coglioni di prima, un certo Ringo, il Pistolero. Ringo è indisciplinato, straffotente, non è il più forte e la sua indole lo porta a buscarle e non fa sempre una bella figura ma se crede in qualcosa persevera come un mulo. Ringo non piace subito, cresce col proseguire della storia, protegge e difende in ogni modo la mocciosa, Sam, che stravede per lui e lo chiama "Signor Ringo", una sorta di legame fraterno prima che sfocia in un sentimento più adulto poi. Ringo è il punto di rottura della serie, quello in cui si finisce, che si voglia o no, per immedesimarsi. Diviene quindi l'elemento fondamentale di tutto.

@Bao Publishing e i rispettivi autori
Variant cover del vol.3, grande formato
e sovraccoperta in acetato serigrafato
A metà della serie Ringo viene creduto morto e abbandonato nel pianeta natale degli alieni invasori della terra. Il pistolero però è un osso duro, la sua tempra geneticamente potenziata è più forte del previsto, sopravvive e scopre la verità. Gli invasori non esistono, sono solo un escamotage del governo terrestre atto a unire il popolo e spingerlo alla conquista dello spazio e aver via libera a esperimenti per un salto evoluzionistico della razza umana grazie alla manipolazione genetica. Inscenare un nemico alieno perchè i terrestri accantonino le loro dispute fratricide? Eh sì Watchmen di Alan Moore insegna bene!
Beh, sta di fatto che Ringo decide di tirare dritto per la sua strada e tornare sulla Terra e dire come stanno le cose. Gli si pareranno contro Jonas, il boyscut paraculo e tutti i suoi ormai ex compagni compresa Sam, con la quale avrà uno scontro di una tristezza immana. Sarà ovviamente un massacro.

La lettura è veloce e frenetica, pure troppo a volte, i dialoghi sono spesso ridotti all'osso lasciando parlare le ottime immagini. Purtroppo le 100 pagine di Orfani si divorano in una decina di minuti o poco più, davvero molto poco. Capisco l'importanza di puntare su un ritmo narrativo incalzante e atto ad attirare i puù giovani, gli under 20 immagino, ma temo che pochi giovani lo stesso ne sino stati attratti e non vedano nella Bonelli un'alternativa valida a manga e comics americani. Sarà un caso che i più entusiasti di questa serie con cui ho avuto a che fare vadano dai 25 ai 40 anni? Non lo so, il dubbio mi resta, così come dare uno spazio leggermente maggiore ai dialoghi non guasterebbe.

La serie completa
[foto dalla mia collezione]
Gli autori, non c'è che, dire hanno fatto un ottimo lavoro. Roberto Recchioni ai testi (autore di John Doe per intenderci, mica poco, e di vari Dylan Dog che non mi hanno fatto impazzire, lo ammetto) ed Emiliano Mammucari per la realizzazione grafica dei personaggi nonchè dei disegni degli albi 1 e 12. Solo un appunto e spero non un rammarico estemporaneo: se Recchioni riuscisse a mettere, ora che è curatore di Dylan Dog, nella serie dell'indagatore dell'incubo la stessa lungimiranza e contaminazione positiva che ha avuto per Orfani avremmo il tanto atteso rilancio dell'Old Boy.
A livello grafico le copertine di Massimo Carnevale sono davvero evocative, la mia preferita è senz'ombra di dubbio quella del numero 10. Quanto ai disegnatori l'accoppiata Werther Dell'Edera e Luigi Cavenago, che si sono occupati dei numeri 9 e 11 sono quelli che, con scelte stilistiche più azzardate ed evocative, mi hanno stupito di più.

A livelo editoriale Orfani è una bella scommessa per l'editore, per produrre la prima stagione ho letto in giro siano stati impegnati un milione e trecentomila euro. La prima serie interamente a colori, atta ad ampliare il parco dei fruitori dei fumetti Bonelli, quello cresciuto a manga e videogiochi. La campagna di lancio è stata massiccia e la decisione di affiancare alla tradizionale didtribuzione nelle edicole una versione (cartonata e con varian cover davvero impressionanti) da fumetteria di sicuro ha aperto a un mercato ancora poco esplorato per la Bonelli. La joint venture con la Bao Publishing per la realizzazione e la distribuzione dei volumi da fumetteria da allora si è consolidata e ha portato all'uscita di tantissimi volumi molto interessanti del catalogo Bonelli in una nuova e prestigiosa versione. Tutto bello? Non so se le vendite siano davvero quelle che si aspettavano, della tiratura iniziale di 120000 copie il numero uno ne ha piazzate 50000 e il due 40000. Attualmente (i dati non sono certi e le fonti non sempre attendibili) si parla di una media di 30000 copie a numero, buona dato che da due stagioni preventivate è già stata confermata la quarta in teoria, ma forse non hanno rivoluzionato il mercato come si sperava. Molto soddisfacenti invece le vendite da fumetteria. Da feticista di maxi volumi extra lusso non posso che gioirne.

Ho citato le due stagioni prevenivate all'inizio che poi sono divenute tre e ora quattro. Un fan ne è sempre lieto anche se il buon minestrone poterbbe tramutarsi il una minestra riscaldata dal retrogusto alquanto amaro. Dragonball del resto se finiva con la sconfitta di Cell era meglio (sì come in Dragonball i personaggi crescono, hanno figli e lasciano il testimone della serie a questi, ma di ciò parlerò quando affronterò le stagioni successive) ma il mercato chiede e c'è poco da fare. Purtroppo la stagione due, tranne picchi d'eccellenza, e la tre, che non mi ha preso fino al numero 6, mi hanno colpito meno della prima che era strutturata in maniera pressochè perfetta. Orfani stagione uno mi lascia il beneficio del dubbio, il dubbio che con grandi idee e le giuste ispirazioni si possano fare grandi cose ma che il compromesso con le necessità di pianificazione editoriale possano minare un'opera nata per correre il mezzofondo ma non una maratona. Spero di sbagliarmi.