giovedì 28 luglio 2016

Joe R. Lansdale interpreta Robert E. Howard

Le ali dell'inferno

Un horror a fumetti di Lansdale ambientato in Louisiana, serve altro?


C'è solo un Dio della scrittura per quel che mi riguarda (ne parlerò approfonditamente in altri post), e quel Dio è Joe R. Lansdale, nel mio immaginario l'apice della scrittura a cui ambisco, la padronanza dei termini, le metafore azzardate, le parole con le palle, talmente cazzute che fanno arrossire le signorine e schifano i benpensanti.
E Lansdale è pure versatile, non solo scrive romanzi e racconti noir e pulp, duri come la roccia, ma si cimenta anche con i fumetti, Batman o Jonah Hex che sia.
Qui fa una cosa un po' atipica, prende un racconto di Robert E. Howard,  l'autore che ha dato i natali a Conan, nonché padre della heroic fantasy moderna, un tipetto da  nulla insomma, e da questo racconto, pubblicato postumo nel 1938 su Wired tales, I colombi dell'inferno (Pigeons from hell), ne trae una versione moderna e a fumetti per la Dark Horse in quattro spillatini nel classico formato dei comics americani, e forse avrebbe meritato una trasposizione di maggior respiro.
© Edizioni bd & rispettivi autori
Sono andato a recuperare il racconto ovviamente, non sia mai che non approfondisca qualcosa che mi colpisce, è presente in un paio di raccolte di Howard, a fine pagina le fonti. Horror puro, evocativo, cupo, che trasmette l'aria umida e afosa della Louisiana col suo caratteristico background vudù che la circonda.
A noi è arrivato nel 2009, un anno dopo l'uscita originale, in un brossurato con alette di un centinaio di pagine con l'ottima cura editoriale della bd.
Lansdale amplia il parco dei protagonisti e sposta in avanti verso i giorni nostri le vicende ma il succo è lo stesso: degli sprovveduti finiscono in una casa sperduta in mezzo le paludi della Louisiana, la casa, oltre che a essere zeppa di colombi (uccelli dell'inferno secondo una qualche credenza del sud degli Stati Uniti) è infestata da una Zuvembie, una zombie al femminile, la vecchia proprietaria della magione, ma meno morto vivente e più spirito senziente di pura malvagità, rancore e spietatezza. Questa farà una strage, sangue a fiumi ed efferatezze varie mentre i protagonisti saranno chiamati a sconfiggere il male con ferro e piombo.
I disegni di Nathan Fox con uno stile consono alla vicenda narrata aiutano a coinvolgere ancora di più il lettore, un tratto forse un po' anonimo nei personaggi ma che ha il suo forte nelle scene splatter e negli esterni, dipingendo una palude davvero suggestiva.

Un volume davvero consigliato, Lansdale è una garanzia e di rado una storia horror rende così bene a fumetti.


Il racconto originale "I colombi dell'inferno" si può trovare in ebook nell'antologia di Robert E. Howard "I morti ricordano" (per Mondadori su Urania Horror n.10, sempre di Howard altri racconti horror su Urania Horror n. 8 "I figli della notte").
Purtroppo in cartaceo il racconto si trova solo sul mercato dell'usato, certo se la Newton Compton pubblicasse di nuovo un bel Mammut con tutte le sue opere non sarebbe male; io l'ho letto dalla raccolta "Skull Face" edita nel '93 dalla Nord, ma si trova anche nel quarto volume 4 di "Tutti i cicli fantastici" della già citata Newton Compton del '95. 

Dello stesso autore ho recensito anche il romanzo "La lunga strada della vendetta" (QUI).


lunedì 25 luglio 2016

Jeff Sutton: Sparate a vista su John (Connor?) Androki

Sparate a vista su John Androki

Le saghe di Terminator e Ritorno al futuro devono molto a questo romanzo


"John Androki, il finanziere.
John Androki, l'uomo più potente del mondo.
John Androki, il mandante degli assassini.
John Androki, alias Nessuno."                        [Jeff Sutton]

Il titolo italiano è d'impatto anche se l'originale The man who saw tomorrow é, sebbene più anonimo, di sicuro più esaustivo sui contenuti.
Non avevo mai letto Jeff Sutton e sentito solo di rado, questo nel mio immaginario lo poneva in secondo piano nella sterminata vastità di autori di fantascienza da approfondire. Un giorno però, rileggendo la mia saga preferita di Nathan Never (ne parlo QUI) trovo uno dei suoi tre creatori, Antonio Serra, che cita “Sparate a vista su John Androki” come una delle fonti di ispirazione. In netta contrapposizione con gli idioti che affermano che i fumetti rincoglioniscano, a me, quelli buoni almeno, danno parecchi spunti. Un mese dopo avevo tra le mani il vecchio Urania 542 del 1970, uno sciupato volume di 140 paginette, preso su ebay assieme a un po' di scetticismo (si trova anche assieme ad altri due romanzi nel Millemondiestate 1982 sempre di Urania).
La lettura scorre veloce, la narrazione possiamo assimilarla a quella di un Asimov (per fare un esempio relativo alla fantascienza e parecchio famoso), ma ancora più scarno, essenziale, acerbo, eppure efficace. Ad appena un terzo del volume la curiosità aveva preso il sopravvento, come i protagonisti volevo sapere di più su John Androki.
Androki (mai sentito un nome simile? Io no), appare dal nulla, nessun documento, né passato, e nel giro di tre anni, grazie a investimenti talmente perfetti da rasentare la preveggenza diventa l'uomo più ricco e potente del mondo. Il vero protagonista è Bertram Kane, un matematico, con Androki ci scambia solo un paio di parole, però finirà per indagare su di lui in seguito alla morte di vari sui colleghi. Ammetto che prima di rendermi conto che il protagonista non era il tanto sbandierato Androki ci ho messo un po', come Bertram Kane il lettore lo vede da lontano e può solo fare congetture, conosce il futuro? Ha poteri o una macchina per farlo? Da dove viene? E' colpevole e mandante degli omicidi che si susseguono o ne è potenziale vittima anche lui? In poche pagine finiamo in mezzo a un bel casino.
Devo ammettere che arrivato alla fine è tutto chiaro e geniale, anche se il dubbio di qualche possibile paradosso temporale non spiegato mi resta. I viaggi nel tempo sono la mia fissa, si sa, e questo è proprio uno dei capostipiti del genere, soprattutto per la risoluzione e il finale.
Non ho trovato fonti attendibili, nonostante i temi classici dei viaggi nel tempo, visto l'anno di pubblicazione originale, 1968, e le tante similitudini, mi sento di confermare che il film Terminator, sebbene gli sceneggiatori o il regista non lo citino mai, prende spunto a piene mani da “Sparate a vista su John Androki”, così come le idee di base di classiche pellicole di viaggi temporali come Ritorno al futuro e simili.
Purtroppo in America Jeff Sutton è caduto nel dimenticatoio, su una decina di romanzi che ha scritto solo due sono disponibili in inglese, in italiano è ancora peggio, tutte le sue opere sono fuori catalogo (Urania ha altre priorità a quanto pare...), il che è vergognoso. Per chi è interessato fortunatamente per pochi euro si possono trovare usati.
Per quel che mi riguarda recupererò tutte le opere di questo autore.

Altre opere uscite in Italia di Jeff Sutton:
  • Super H sull'America   (Urania 498)
  • Secolo XXIII              (Urania 554)   
  • L'atomo stagnante       (Ed. Nord - Cosmo argento n.3)
  • Alpha Tauri: missione n.92    (Urania 573, Millemondiestate 1982)
  • Mnemoblocco di stato          (Urania 616, Millemondiestate 1982)
  • Immortali tra le stelle    (Rizzoli)


giovedì 21 luglio 2016

Cornell Woolrich, precursore di Kill Bill!

La sposa in nero

Prendi "Colazione da Tiffany" e aggiungi una serial killer


"«Julie, Julie mia.» Le parole seguirono la donna giù per le quattro rampe di scale. Era il sussurro più tenero, il grido più potente che potesse uscire da labbra umane. Non valsero a fermarla, né a farla esitare. Quando Julie uscì nella luce del giorno, il suo viso era di un pallore mortale. E questo fu tutto."    [La sposa in nero - C.Woolrich]

Avete presente le classiche storie di vendetta? A uno gli ammazzano qualcuno e questo fa una strage? Ecco, avevo voglia di di una storia del genere, allora che faccio? Tergiverso riguardando Kill Bill, Lady Snowblood, quindi spulcio un po' in rete, tra le varie fonti di ispirazioni per queste pellicole mi trovo anche "La sposa in nero" di Woolrich (divenuta poi l'omonima pellicola di François Truffault). L'autore se nel privato non ha tutte le rotelle a posto, ha infatti un rapporto morboso con la madre, sulla carta stampata è un vero asso, romanzi di successo e una miriade di racconti, tra cui anche quello che ha ispirato "La finestra sul cortile" di Hichcock. In Italia è arrivato tantissimo di suo tramite i gialli Mondadori ed è considerato uno dei maestri del genere noir.
All'inizio ero scettico, un romanzo del 1940 temevo mi avrebbe dato a noia perché i gialli un po' sentono il tempo che passa, invece la scrittura è di una attualità disarmante e le situazioni talmente estemporanee che non sembrano minimamente ambientate oltre 70 anni fa. Questo è uno dei suoi punti di forza, ma non solo. La storia è semplice: una donna, inafferrabile, trasformista, dannatamente scaltra compie cinque delitti per vendetta. Meno semplice è la struttura del romanzo, i cinque omicidi descritti in ordine cronologico, per ogni delitto tre parti distinte: la prima dove donna sonda il terreno, studia come avvicinarsi alla vittima, la seconda col delitto vero e proprio, sempre diverso, sempre assurdo nella sua genialità e freddezza, e la terza in cui la polizia (e il lettore con essa) brancola nel buio e cercano di venirne a capo.
Leggerò altre cose di Cornell Woolrich? Di sicuro, almeno i romanzi della serie nera: oltre a quello trattato Sipario nero, L' abili nero, L'angelo nero e L'incubo nero.
L'impressione che mi ha lasciato leggendolo? Di grande ammirazione per la sua scrittura moderna, immediata e avvincente; mi sembrava di rivedere "Colazione da Tiffany" in salsa noir con, per protagonista, una serial killer, una sensazione intrigante.


Una foto pubblicata da Michele Botton (@michele_botton) in data:


"La sposa in nero"
di Cornell Woolrich
trad. F. Giannini
Mondadori
201 pagine 

"La sposa in nero" è attualmente fuori catalogo, ma si può trovare a pochi euro usato.
Altre opere di Cornell Woolrich sono invece disponibili (QUI qualche esempio), purtroppo molte solo in ebook, la triste storia delle collane da edicola Mondadori purtroppo

Altre mie recensione di Cornell Woolrich:


martedì 19 luglio 2016

Julia 2002 - Azione e deduzione - (parte prima)

Azione e deduzione

Retrospettiva fumetti: Julia n. 40,41,42,43,44,45 (2002)

"Il tema vero era la solitudine. Il lento scivolare verso l'abisso di una persona sola. Una rappresentazione più efficace di dieci trattati di psicologia..." [Julia Kendall parlando del film "Taxi driver"]

Con mia somma approvazione dopo la sestina precedente quasi esclusivamente d'azione si torna alla formula più consona alla collana di mix di dinamismo, ricerca psicologica e metodo investigativo...

Antinori cita Jay e Silent Bob © SBE
Partiamo dal n.40 "Sulla strada per Lordsburg" di Berardi & Mantero con i disegni di Antinori. Storia ai limiti del grottesco e del surreale: Julia ed Emily si trovano in New Mexico per il matrimonio di uno degli innumerevoli figli della governante, una volta scesi dall'aereo decidono di prendere un autobus che verrà prontamente sequestrato da un paio di sfigati di prima categoria, che non ne fanno una di giusta, paiono quasi usciti da un episodio di Fargo. Non serve che aggiunga che la stupidità può essere molto pericolosa... La storia scorre piacevole e l'autobus fa molto Speed, tranne che qui alla guida c'è Emily, mentre nel film da Sandra Bullock, bella differenza.
Sul privato molto spassosa Julia che sogna il proprio di matrimonio con Sean Connery, e ammette di essere innamorata di lui fin da ragazzina. Niente di strano, Connery è un gran figo, solo che a lei piace perché... assomiglia al padre defunto. Problemi di testa, benvenuti!

Il n.41 "Il tassista" è l'omaggio al grandissimo film Taxi driver di Martin Scorsese fatto da Berardi (con Lorenzo Calza). In una estate torrida a Garden City un solitario disagiato si finge un tassista per poter emulare il protagonista del film sopra citato e mettere in atto la propria idea malata di giustizia.
Il lato investigativo è ridotto all'osso, infatti la polizia e Julia saranno indirizzati quasi esclusivamente da testimoni delle varie malefatte verso l'assassino più che dalle loro intuizioni. La cosa migliore dell'albo resta comunque  la  prefetta e profonda caratterizzazione psicologica del cattivo di turno. Davvero lodevole il lavoro degli sceneggiatori.
Da non scordare il ritorno ai disegni di Roberto Zaghi, sicuramente il mio preferito finora, un'ottima Julia e gran dinamismo nelle vignette.
Musica: "Ace of spades" dei Motorhead e "Almost Blue", del mio jazzista preferito, Chet Baker.
Per le letture invece l'autore citato è Guy de Maupassant.

"Quando Webb fece il nome di Geoff Perry, Sharon Britts scoppiò in lacrime. Pianse a lungo, come solo una donna innamorata o un'attrice consumata sanno fare." [J.Kendall]

la Julia di Roberto Zaghi © SBE
Nel n.42 "Il giorno delle spie" (Berardi & Mantero, Enio) abbiamo un ritorno al giallo investigativo più classico, e ne esce subito un albo molto piacevole. Un ricercatore che lavora per l'esercito sulla costruzione di una particolare arma viene rapito. Mentre i federali spingono per la pista internazionale tra spie e casini vari, Julia e Webb al contrario dell'FBI decidendo di avere un approccio più tradizionale e interrogando tutti i colleghi dell'uomo rapito. Ne esce una storia molto intricata dove ognuno segue la propria pista: Julia troverà indizi a carico di molti individui diversi, la polizia spostamenti di denaro sospetti e Baxer si trova invischiato addirittura in un tentato omicidio. La classica storia che semina un sacco si indizi e depistaggi fino alla risoluzione finale, sono queste le storie di cui la serie ha bisogno.
Bella prova di umanità di Webb che ammette il suo senso di inferiorità e gelosia nei confronti di Baxter quando Julia glielo nomina per l'ennesima volta al solo scopo di innervosire il tenente. Bello tirarsela e far girare i coglioni alla gente gratis eh?! Pessima.
Libri consigliati: quelli di Graham Greene e la biografia di Werner Von Braun, scienziato tedesco.

Siamo al n.43 "L'ultimo rendez-vous", Berardi & De Nardo ai testi e alle chine Mario Jannì. Un uomo viene trovato morto nudo e picchiato selvaggiamente al parco. L'indagine porterà i nostri eroi a scoprire un giro di prostituzione e di scommesse clandestine, anche se l'omicida, a volte, è più vicino di quanto si pensi alla vittima. Pure questa storia è un classico giallo d'indagine con tanti sospettati, interrogatori e depistaggi, molto interessante. Julia per approfondire la psicologia di una sospettata si guarda anche (e ben attenta) un film porno.
Durante la vicenda la Kendall si ritrova in una spiaggia in cui era andata in vacanza quando aveva 14/15 e svela che la "santerellina" Norma le aveva soffiato il ragazzo che le piaceva e mentre la sorellina limonava in spiaggia Julia giocava a carte con la nonna... Poi vi chiedete se non è cresciuta con problemi di testa e odia la sorella al punto di accettare che si faccia di eroina? La vuole morta mi sa.
Musica: jazz con Dizzy Gillespie.
dal n. 42 © Sergio Bonelli Editore & Enio
Libri citati: "Abbiamo trasmesso", di Rex Stout, undicesima avventura di Nero Wolfe; "Perry Mason e le caviglie d'oro" di Erle Stanley Gardner; "Alibi nero" di Cornell Woolrich che io ho conosciuto proprio tramite Julia e di cui ho già letto con piacere varie cose. Tutte opere interessanti, se volete approfondire la letteratura gialla/poliziesca/noir consiglio vivamente di appuntarvi i libri citati in Julia, a me hanno dato ottime soddisfazioni!

Il n.44 "Lo specchi infranto", di Berardi & Calza, disegni di Piccoli. Ennesima storia di indagine con molti sospettati e risoluzione finale, una famosa violoncellista viene trovata morta a causa di un'overdose ma tutto fa pensare a un omicidio. Julia e Baxter finiranno per scoprire che la donna ha un passato tormentato, con i sensi di colpa per una sorella morta e un padre arcigno e molto duro con lei.
A livello musicale non si lesina niente: "Don't warry, be happy" di Bobby McFerrin, "Relax" dei Frankie Goes to Hollywood, "Tai Tai de Blues" di Emmanuel Thiry, "Taranta" di Paco de Lucia, oltre alla sonata in mi minore opera 38 di Johannes Brahms
Altre citazioni: nella custodia della vhs di "Star wars" Julia trova un indizio e viene più volte citato l'anime di Cowboy Bebop sia per la colonna sonora che per l'ottima storia (e bravo Berardi, ottimi gusti!).Citato anche il libro "La donna ferita - modelli e archetipi del rapporto padre figlia" di Linda Schierse Leonard, attualmente fuori catalogo.


la Julia di Enio dal n. 42 © SBE & Enio
Nel n.45 "Una cara, carissima amica" torna Laura Zuccheri (e Laura Zuccheri non è solo Julia, sta preparando un Texone e ho visto i suoi disegni a colori in "La spada di vetro", serie in 4 volumi della Renoir, e sono davvero fantastici!). Questo numero, forse più di tutti i numeri precedenti, la dice lunga sulla nostra protagonista, possiamo infatti stenderci assieme a lei sul lettino dello psicanalista (e dove pensavate sennò!). Berardi deve essersi mangiato un volume di psicologia stavolta e ce lo sfoggia tutto, una Julia fragile ma piena di rabbia repressa, con un forte senso di colpa verso se stessa, si colpevolizza per la morte dei genitori perché gliel'aveva augurata dato che era gelosa della sorella minore. Il rapporto odio/amore con Norma appunto, valvola di sfogo di un sentimento ambiguo, protettivo e distruttivo, rapporto velato da una malcelata invidia, perché la sorella prende la vita con leggerezza e lei non i riesce. Senza contare la solitudine che mina la sua capacità di lasciarsi andare con gli altri e trasforma la sua fragilità in freddezza e finto distacco. Viene citata inoltre l'inadeguatezza della nonna a crescerle sebbene le buone intenzioni. Un gran numero, non posso dire altro, tanti, tantissimi spunti, un albo che ci voleva e che di sicuro gli amanti della serie aspettavano con ansia.
Di contorno, ma non solo, la storia vera dell'albo di giugno 2002: una vecchia compagna delle superiori della criminologa si ripresenta dopo quindici anni e Julia la ospita per un po' (ovvio no? Julia cani e porci li ospita tutti). Questa però, come tutti quelli che finiscono a dormire a casa Kendall nasconde qualcosa e ha rifilato alla nostra repressa preferita un sacco di balle. Il finale purtroppo aperto lascia un senso di incompiuto, unica pecca, forse non da poco, in una storia davvero magistrale, soprattutto per l'approfondimento psicologico di Julia che fa l'ennesimo passo verso i lettori.

La serie in questi dei numeri ritorna nel suo contesto più adeguato, ovvero meno azione e più indagini, più giallo e meno poliziesco. Un'annata ottima finora, complice anche un buon approfondimento della protagonista. La serie dopo 45 numeri è forse al top.



mercoledì 13 luglio 2016

Chiusi dentro? Sì, Scalzi.

Chiusi dentro - John Scalzi  (Urania 1632)

L'autore premio Hugo torna con un'ottima storia in bilico tra poliziesco e fantascienza sociale


John Scalzi non è il primo che passa per la strada, stiamo parlando di un premio Hugo (nel 2013 con "Uomini in rosso",godibilissima presa per i fondelli di serie tv classiche sci-fi come Star Trek), nonché uno tra i migliori autori di fantascienza contemporanei. Nel mio personale indice di gradimento è secondo solo al grande Robert J. Sawyer.
Torna purtroppo su Urania, purtroppo perché la famosa collana della Mondadori è croce e delizia della fantascienza italiana, se da un lato l'ha resa popolare portandola nelle edicole e vendendo a suo tempo moltissimo, come effetto collaterale ha svilito la fantascienza a prodotto usa e getta, degno di edicole ma non di librerie, l'ha relegato a genere di secondo piano che "deve costare poco". Riducendolo dopo aver saturato il mercato a genere di nicchia che ora arranca con poche uscite raramente tempestive. Farei un discorso più ampio ma non voglio allontanarmi dal punto focale, ovvero che Scalzi merita non solo che le sue opere passino in libreria ma che siano disponibili sempre e non che passato il mesetto di edicola si trovi solo in ebook o che bisogna sbattersi a ordinare arretrati.
Chiusi dentro (Lock-in in originale, 2014) è un miscuglio tra fantascienza sociale e la detective story più classica, ma che stile ragazzi! Una malattia detta Haden ha reso parte della popolazione mondiale seppur cosciente e lucida, con il corpo completamente paralizzato, incapaci di muoversi e parlare. Queste persone per condurre una vita normale sono costrette a utilizzare o dei robot a cui sono collegati in remoto o delle persone appositamente predisposte dette integratori, che noleggiano loro il proprio corpo. Chris Shane (un Haden) recluta dell'FBI assieme alla collega Leslie Vann (una ex-integratore) si trovano a indagare su un misterioso omicidio sullo sfondo di rivolte popolari riguardanti i diritti dei malati di Haden.
La scrittura di scalzi è una bomba, invidiabile e spassosa, tantissimi dialoghi ci accompagnano rendono la lettura talmente gradevole che il romanzo si divora alla svelta senza quasi accorgersene. Una storia che va in crescendo davvero consigliata di un maestro della fantascienza.
(Ah sono in progetto anche un seguito e una serie tv tratta da questo romanzo)


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Una foto pubblicata da Michele Botton (@michele_botton) in data:

Dello stesso autore Uomini in rosso (ci sarebbero anche Morire per vivere, Le brigate fantasma e L'ultima colonia, purtroppo finché la casa editrice Gargoyle non li ristampa non sono disponibili)

Se vi sono piaciute le tematiche trattate consiglio anche il romanzo Rollback di Robert J. Sawyer o il manga Eden: it's an endless world! di Hiroki Endo, ammetto che per certe intuizioni mi ha ricordato anche uno dei miei film preferiti ovvero Strange Days di Kathryn Bigelow.

lunedì 11 luglio 2016

Wulf Dorn - Incubo

Incubo, passo falso, o soltanto troppe aspettative?


"Niente dura per sempre. La sicurezza è un'illusione. Simon Strode fece questa amara esperienza un sabato di marzo." [W.Dorn]

Aspettavo con ansia il nuovo romanzo di Wulf Dorn, il mio autore tedesco preferito dopo Michael Ende, fin dalla sua prima opera, "La psichiatra" mi ha sempre colpito con ottimi thriller psicologici, spiazzanti, con un linguaggio diretto e sintetico. Prendi un Jeffery Deaver, screma il superfluo e l'artificioso, rendi tutto più introspettivo e metti un'ambientazione familiare (con ritmi e stili di vita più similari a quelli italiani) come la terra tedesca. Opere che ti prendono e ti lasciano in 400 pagine senza perdere in suspense. Ecco questo è Wulf Dorn.

"Incubo" è il sesto romanzo di questo autore, la storia di un ragazzo autistico che in un incidente stradale perde i genitori ed è tormentato dai sensi di colpa per essersi salvato, sullo sfondo una ragazza scomparsa e strani avvenimenti. Lo stile è il suo solito, e questo salva in parte una vicenda scialba, eppure mi pare proprio il punto più basso della sua produzione. Dorn cincischia per 250 pagine per poi nelle ultime 100 far raggiungere alla storia il suo climax e risolverla. Purtroppo l'esiguo numero dei protagonisti e la mancanza di mordente rovina in parte il suo giochetto, che di solito è spettacolare, di depistare il lettore per poi rovesciare i ruoli tra sospettati e presunti innocenti. Aggiungete un protagonista sedicenne affetto da un lieve autismo, col quale è davvero difficile immedesimarsi o anche solo credere durante la narrazione e un'ambientazione solo accennata. La Germania così ben raccontata nei suoi primi quattro romanzi la si vede solo di sfuggita, forse per avvicinare il lettore internazionale (brutto sbaglio, visto che era uno dei suoi punti di forza), a questo punto era meglio scegliere un'ambientazione londinese come quella del penultimo romanzo "Phobia".

Forse Wulf Dorn ci aveva abituati bene e io mi aspettavo troppo, sta di fatto che se dovessi consigliare un suo romanzo... consiglierei gli altri. Un buco nell'acqua quindi? Non del tutto, la lettura è gradevole, ma per qualsiasi altro sua opera non avrei usato la parola "gradevole", avrei usato per descriverle il termine "appassionante"! In ogni caso attenderò ancora con ansia il suo prossimo romanzo.
 
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Dello stesso autore, tutti consigliati:


venerdì 8 luglio 2016

I KILL GIANTS - storia di una bambina stramba che affronta i giganti della vita



I kill giants - di Joe Kelly e J.M. Ken Niimura

volume unico Bao Publishing - 2015 (ed. americana 2008/09)



"E sono strana. Come i teschi. E sono un po' cattiva con la gente cretina. La maggior parte della gente è cretina."  [Barbara]

Questo volume mi è capitato tra le mani per sbaglio, trovato a un mercatino dell'usato ho pensato che valeva la pena prenderlo e provare a leggerlo anche perché ne avevo sentito parlare bene. Ammetto che visto in fumetteria con la cover variant di Zerocalcare ho tirato dritto per principio, te lo propinano in tutte le salse, gli hanno pure fatto fare la cover del nuovo romanzo di Lansdale. Gli manca solo la pubblicità del tonno a Zerocalcare. Sebbene non discuta la qualità dei prodotti della Bao, i 15 euro di costo e le pagine lucide per un fumetto in bianco e nero mi facevano storcere un po' il naso. Impressioni. Sbagliate. Ma questo l'ho capito solo dopo la lettura.

cover originale americana del n.1
cover italiana © Bao Publishing
Veniamo al fumetto, gli autori di "I kill giants" sono per la sceneggiatura il famoso Joe Kelly, uno che a leggere la lista delle cose che ha fatto ora che hai finito ti sono cresciute pure le unghie, Marvel, DC, Image, ha scritto un sacco di storie per tutti, tra le quali molta roba tosta. Ai disegni invece lo sconosciuto J.M. Ken Niimura, uno spagnolo con origini giapponesi, che non so bene dove l'abbiano pescato, un tratto efficace anche se non troppo caratteristico.
La storia (definita come "rito di passaggio eroico" dalla casa editrice), ambientata a Long Island, è piuttosto semplice: Barbara Thorson, una bimbetta di quinta elementare, è tutt'altro che una personcina ammodo, è asociale, le piacciono i giochi di ruolo, ha sempre la risposta sarcastica pronta e farnetica di una sua lotta contro i giganti (!). Barbara trascorre la sua vita scolastica tra le angherie di una bulla e le sedute con la psicologa che non riesce a cavarle niente tranne un sacco di fantasticherie. A casa non se la passa alla grande neanche lì, la sorella maggiore che accudisce lei e il fratello è stressata fuori di modo e il padre se l'è filata da tempo. Quando non è con la sua unica amica, Sophia, passa il tempo sulla spiaggia ad aspettare i giganti portatori di caos e morte per fermarli e ricacciarli indietro.

© Joe Kelly/JM Ken Niimura & Bao Publishing
Detta così sembra una stramberia bella e buona ma piuttosto simpatica, invece questa graphic novel (pubblicata in originale dalla Image in sette parti) nasconde un tema molto più reale e duro da affrontare, i giganti della storia sono le angherie delle persone, l'incapacità degli insegnanti di vedere gli studenti come delle persone, mentre il gigante più grande e feroce, quello che non si può battere, è la morte che si sta avvicinando inevitabile e terribile per una madre malata. La protagonista si rifugia nel suo mondo fantastico e il lettore che la segue dapprima non capisce le problematiche che la affliggono, e come gli insegnanti e la psicologa la troviamo solo un po' sopra le righe, una stramba ragazzina. Proseguendo con la lettura invece scopriamo la verità, una verità dura per un adulto e forse insormontabile per un bambino. La nostra visione della vicenda si fa finalmente chiara e un nuovo livello di lettura della vicenda ci colpisce con durezza.
I giganti sono le avversità della vita, sono quelli i giganti da uccidere e alla fine capiamo che i veri giganti sono sono le persone che riescono ad accettarle e affrontarle.

A fine lettura devo ammettere che il mio scetticismo è svanito, il volume vale la spesa, è toccante, duro e delicato al contempo, e il nodo alla gola che ci lascia è la prova che la storia funziona.

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la protagonista Barbara © Joe Kelly/JM Ken Niimura & Bao Publishing


mercoledì 6 luglio 2016

Jack Ritchie, d'estate qualche delitto ci vuole!

E' ricca, la sposo e l'ammazzo / Il caro prezzo della privacy

Il mago dei racconti brevi con finale a sorpresa


"Non c’è romanzo che non si possa migliorare trasformandolo in un racconto breve" [J. Ritchie]
 
Jack Ritchie non l'avevo mai sentito nominare fino a un mese fa, non ha neanche una pagina italiana su wikipedia perché vi facciate un'idea su quanti se lo filano. L'ho trovato citato su un albo di Julia e ho fatto qualche ricerca, ne è saltato fuori che è un autore di noir e gialli specializzato in racconti brevi e maestro della peripeteia, ovvero il colpo di scena, spesso finale, che ci fa vedere tutta la vicenda sotto un'ottica completamente diversa da quella che l'autore ci aveva fatto immaginare. Ha lavorato pure a stretto contatto con Hichcock che dai suoi racconti ha tratto anche diversi episodi di Alfred Hichkock presenta.
Incuriosito mi sono procurato "E' ricca, la sposo e l'ammazzo", raccoltina di 12 storie veloci veloci pubblicata dalla Marcos y Marcos e devo ammettere che tutte le storie mi hanno lasciato spiazzato e piacevolmente colpito. Nonostante sia avvezzo a narrazioni del genere solo in un caso su dodici sono riuscito a indovinarne il finale. Immagino che gli intellettualoidi che sono in giro credano che il racconto sia un genere letterario minore, roba da pivelli, altro che i romanzi, ben più nobili fratelli maggiori. Beh è come paragonare in atletica una maratona ai 100 o 200 metri, due mondi del tutto differenti. Sembra facile creare una storia priva di fronzoli, con pochi personaggi, tempi e ambienti limitati, che attiri l'attenzione del lettore in 10/15 pagine? No. Mettici pure un finale a sorpresa che lasci di stucco (è un barbatrucco) il lettore e hai Jack Ritchie. Ecco.
Per quel che mi riguarda penso proprio siano le storie ideali da leggere quando si ha un quarto d'ora libero e non si vuole cimentarsi con cose troppo complicate, questi racconti ti prendono e ti lasciano con una velocità paragonabile solo a quella di una morosetta volubile. Appena conclusa la lettura di "E' ricca, la sposo e l'ammazzo" le ho subito dato seguito con "Il caro prezzo della privacy", altra raccolta dello stesso autore con altri nove racconti perfettamente in linea coi precedenti. Io di sicuro recupererò anche le altre raccolte di Jack Ritchie perché è stata tra le letture più sorprendenti che mi sono capitate sottomano quest'anno. 

Una foto pubblicata da Michele Botton (@michele_botton) in data:


di Jack Ritchie
trad. Sandro Ossola
Marcos y Marcos
211 pagine
di Jack Ritchie
trad. T.Moroni/S.Radaelli
Marcos y Marcos
157 pagine
  



lunedì 4 luglio 2016

il Golem di LRNZ

 Un caleidoscopio di colori per l'Akira ambientato a Roma

Golem - di LRNZ (Lorenzo Ceccotti) - volume unico Bao Publishing - 2015



"I sogni sono tutto! Smettere di sognare è il primo passo per farsi mettere i piedi in testa." [Rosabella]

cover © LRNZ & Bao Publishing
Lorenzo Ceccotti l'ho incontrato questa primavera a Venezia Comics, adesso io non sono quello che va alle fiere e spappola i sentimenti agli autori, al massimo un "ehi ciao, complimenti, mi firmi il tuo fumetto per favore" o al massimo chiedo uno sketch per la mia collezione. L'ho trovato molto cortese e sereno, quasi divertito quando gli ho chiesto una dedica sulla "Strana biblioteca" di Murakami (di cui si è occupato della parte illustrata, lo conoscevo anche perché sue sono le splendide copertine della noiosa Trilogia X di Jeff VanderMeer sempre per Einaudi), mi ha disegnato pillole e spazzolini e mi ha restituito il libro. Golem era lì, sul tavolo, accanto ad Astrogamma (QUI la recensione), mi era già capitato di sfogliarlo in fumetteria, era nella mia lista mentale delle cose che volevo leggere, disegni fighi certo, ma le tinte pastello non mi attiravano poi molto, ultimamente mi ero invaghito del tratto balordo di Tony Sandoval e cercavo stramberie di quel tipo, e poi tra bonelli, manga e qualche americano, procrastinavo sempre l'acquisto. Mi seccavano forse i 25 euro per il volume, non pochi, ma vista la qualità del volume, tra grande formato, bella carta e tutto a colori per un casino di pagine ci stava; poi la cover con quella stilosa sovraccoperta che copriva solo due terzi della copertina... eppure mi destava qualche disappunti: perché non farla completa e fare direttamente un volume cartonato? Sono un feticista dei volumi cartonati, lo so, ma la cover di Golem è delicatina.
Tornando al nocciolo della questione, quando vedo gli autori all'opera mi incuriosisco, loro stanno lì che disegnano con calma, sfoggiano la loro arte e parlano con i fan. So per certo che il contatto con il pubblico, con i lettori è sempre un momento di grande soddisfazione per un autore. Le fiere piccole sono ottime per questo, non c'è la ressa, non c'è il tizio ciccione, sudato e con i capelli unti che ti spinge e ti sbuffa nell'orecchio, che lo prenderei per il collo e gli sfonderei la testa con un pugno. Insomma, vado a casa dopo Venezia Comics e rielaboro le cose viste in fiera, chiedo l'amicizia su Facebook a Lorenzo Ceccotti, piaccio la sua pagina, mi metto a seguirlo su instagram, no, un attimo, non è che sono uno stalker, mi piace avere una visione d'insieme. E noto una ricerca estrema, una sperimentazione grafica che spazia in maniera assurda tra generi e tecniche diverse, e vedo disegni fighi a profusione. Vedo uno che non si ferma, uno curioso. Vedo che gli piacciono cose che piacciono a me, manga, retrogaming, e queste cose si rispecchiano su quello che fa. In maniera evidente. Il passo è breve, prendo Golem e mi metto a leggerlo.

Steno e Rosabella © LRNZ & Bao Publishing
La trama si trova un po' ovunque sugli store online per l'acquisto del volume: Italia, 2030 futuro distopico dove il potere è in mano a dispotico presidente Oudeis  ai servigi di corporazioni multinazionali, dei terroristi detti Shorai vogliono rovesciare il governo donando al popolo una sorta di stampante 3D che può creare di tutto da oggetti al cibo, ricombinando tramite nanomacchine la materia (con la quale in pratica la povertà non ci sarà più e i soldi diverranno desueti).
Rosabella © LRNZ & Bao Publishing
In questo mondo si muove il ragazzino Steno che nasconde il segreto delle nanomacchine sopra citate. La trama è chiara, ben sviluppata, le 280 pagine sono tante ma sono anche poche, alcune cose avrebbero meritato più approfondimenti, qualche retroscena sul presidente Oudeis (molto 1984 di Orwell, molto V per vendetta di Moore, molto presidente Snow per quelli che le distopie pensano che le abbia inventate la Collins con la sua Battle Royale, ops... con i suoi Hunger Games) sarebbe stato gradito, e sui due capisaldi della Shorai, Klaria e Lamaco che mi sono piaciuti davvero molto come personaggi e avrei voluto conoscerli meglio. Sta di fatto che una serializzazione di tipo americano avrebbe stravolto la storia, che è di ampio respiro e avrebbe retto poco con un cliffhanger ogni 25 pagine, forse sarebbe stata meglio una cosa simile alle miniserie Bonelli, quintuplicare il numero di pagine con magari il supporto e la malizia di uno sceneggiatore navigato (come ha fatto Corrado Roi con Paola Barbato per creare UT) ma ne avrebbero perso i disegni che meritano un grande formato e carta di qualità. Non voglio dire che LRNZ non abbia sceneggiato bene Golem, anzi, la storia è autoriale e personale, nonché pubblicata da una casa editrice, la Bao Publishing, top per cura e scelte editoriali (che poi io non vada pazzo per Zerocalcare è un altro paio di maniche), pensavo solo a un'alternativa al volume unico per approfondire di più alcuni personaggi e vicende.
Il punto forte è senz'ombra di dubbio l'impatto visivo, la prima impressione di trovarsi di fronte a un anime-comics svanisce presto, graficamente è tutto studiato fin nei minimi dettagli e tutto rimanda a qualcosa, più che con il testo tanto è raccontato con le immagini. Lo stile e le tecniche usate cambiano a seconda di cosa abbiamo davanti, tinte anime/pastello e luminose lasciano la scena a pagine dallo stile pittorico per i sogni, a toni di grigio per i ricordi, al verde per la parte ambientata in prigione, al rosso durante i combattimenti con quel pezzo di merda del generale X quando usa il fenomenale pain ray, il raggio del dolore. I personaggi hanno i tratti distintivi classici di LRNZ: gli occhi quasi tutti con un taglio verso il basso e le teste, sempre un po' protese in avanti. I loghi delle corporazioni capeggiano ovunque, le corporazioni yoko per le comunicazioni, con i loro desmophone controllano tutti, un grande fratello tascabile, zibò con il cibo, e la genialata di inculcare alla gente il fatto che cucinare è pericoloso, nanonine, per la tecnologia e la sanità, ottime le pillole per non sognare, non sia mai che il popolo coltivi sogni, serinus, per i trasporti, c'è pure il bel logo del Vaticano su alcuni palazzi romani. Corporazioni che tirano le fila del governo e a cui rende conto il presidente Oudeis (che in greco significa nessuno, eh sì, anche i nomi come i loghi sono scelti con un motivo ben preciso). La pubblicità è ovunque, appena Steno, si sveglia ne è già bombardato dagli schermi che tappezzano la sua camera, questo mi ha ricordato l'episodio "15 milioni di celebrità" della serie Black Mirror. Il mondo raccontato è surreale, colorato e con una facciata piacevole, mentre la gente si suicida tranquillamente per strada tra l'indifferenza generale di persone prese dal consumismo sfrenato usa e getta. La sempre più attuale e profetica frase di Aldous Huxley “La dittatura perfetta avrà sembianza di democrazia. Una Prigione senza muri nella quale i prigionieri non sogneranno di fuggire. Un sistema di schiavitù dove, grazie al consumo e al divertimento, gli schiavi ameranno la loro schiavitù." riassume tutto perfettamente.
© LRNZ & Bao Publishing
Gli Shorai usano tecnologie mica da poco, e anche qui nulla è lasciato al caso: mine vibranti, bombe schiumogene o schiuma aeroplastica come la chiamano, che si solidifica bloccando passaggi o nemici (mi ha ricordato un po' l'ambra usata in Fringe). Indossano un visore che li collega al supporto di un tecnico informatico che li ragguaglia su posizioni, uscite (Matrix), e hanno inoltre un programma di preveggenza per sapere con un un anticipo di qualche secondo le mosse degli avversari (mi sa che Lorenzo potrebbe essere anche un lettore di Asimov e Dick). Visori che dal di fuori appaiono con simboli diversi stampati sopra, uso le maschere da Anbu dei ninja in Naruto, e sono un po' ninja nelle movenze e nelle scene dinamiche. Le tute e abbigliamento che mi hanno ricordato invece il Metal Gear Solid per la PS1, e sono dotate di un fattore di moltiplicazione elastica (moltiplica la forza di chi la usa come la tuta usata dal protagonista del manga Spriggan).
Akira di Katsuhiro Otomo è un altro punto d'ispirazione per l'autore e qui scopro l'acqua calda, ok, lo Steno impaurito che fa fiorire l'essere/la cosa dalle nanomacchine trasmutando la materia (Fullmetal Alchemist anche, perché no?!)  in aggeggi tubolari che paiono prendere vita è un smil Tetsuo di Akira ma dal cuore pure. Akira e Ghost in the shell come ispirazioni certo, e non Evangelion, apprezzo anche questo, Evangelion è l'anime che osanna chi non è amante di anime e manga e ha una cultura in materia limitata e senza memoria. Ma non c'è solo Giappone tra le influenze, potrei sbagliarmi ma un pizzico di Moebius qua e là mi pare di notarlo.
Geniale anche l'idea di inserire nella copertina il chip Nfc per usare l'apposita app di Golem tramite cellulare e rendere l'esperienza più coinvolgente e globale, ottima l'idea, visto che ancora latita la tanto proclamata lettura aumentata è ben lungi dall'essere sfruttata dalle case editrici.
I protagonisti, sebbene giovani per i miei gusti sono adeguati, Steno, timido che ha paura di sognare ma coraggioso al limite dell'incoscienza quando si tratta di Rosabella. Dentro di lui nasconde il segreto per cambiare/salvare il mondo, la nanomacchina G (un po' come la volpe dentro Naruto, sì ancora lui). La ragazza, Rosabella, amica ma anche di più, grillo parlante che spinge Steno a essere migliore, ragazzo e ragazza, individui complementari che si sostengono e proteggono a vicenda, novelli Adamo (un golem di argilla a cui Dio ha soffiato addosso la vita) ed Eva di un nuovo ordine mondiale.

A conti fatti Golem è un'opera che merita molto, visivamente potente, ben strutturata e simbolica nella sua imperfetta narrazione che però stupisce e rapisce. Un'opera che pare impersonale perché fin troppo ricercata e studiata nei minimi dettagli, ma che però è personalissima e racchiude in sè oltre che una storia anche una passione e tutto quello che questa passione ha dato all'autore.

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venerdì 1 luglio 2016

2001 Odissea a Garden City (parte seconda)

Bentornata cara Myrna!

Retrospettiva fumetti: Julia n. 34,35,36,37,38,39 (2001)

no dai, devo sul serio scrivere una didascalia?
la copertina del n. 39 © Marco Soldi & SBE
C'è molta azione in questi sei numeri di Julia usciti nella seconda parte del 2001, dal doppio numero iniziale quasi interamente passato a giocare a guardia-e-ladri, al "I killer vanno in pensione?", tuttavia passato il traguardo dei tre anni di pubblicazione si continua a non avere alcun dejà-vu durante la lettura, le storie non sono ripetitive, anzi, sempre nuovi spunti e situazioni vengono proposti al lettore. Le storie piacevoli e di qualità, l'azione non mi infastidisce, anche perché un taglio dinamico rende gli albi più leggeri, certo spero sia una parentesi perché Julia nasce per il lato nascosto e introspettivo del giallo e non per quello meramente d'azione.

Episodio doppio con i n.34 "Il prezzo della libertà" e 35 "Route 70". Berardi per la prima volta dall'inizio della serie ha l'aiuto di Lorenzo Calza alla sceneggiatura, ai disegni Valerio Piccioni ed Enio. Un pluriomicida scappa dal carcere e prende in ostaggio Julia, le peripezie che affrontano durante la fuga, così come i morti che si lasciano dietro, sono innumerevoli. I due numeri stringi stringi sono una semplice caccia all'uomo, il ritmo è forte e la vicenda concitata e ben strutturata, il legante tra i due numeri è la finta morte dei fuggitivi e Julia alla fine della prima parte della storia. Durante il rapimento non sono riuscito a capire se Julia fosse sotto shock al punto di essere fin troppo distaccata dalle morti con cui aveva a che fare, ma ci sta. L'ovvia disperazione di Webb quando crede di aver perso Julia si scontra con la fiducia incrollabile di Baxet sul fatto che lei se la sia cavata, due punti di vista antitetici ma entrambi plausibile e che ci danno una visione diversa dell'immagine che i due uomini hanno dell'indagatrice dell'animo.
In tutto sto casino la vecchia nonna della Kendall esce dalla tana e decide di passare a trovare per la prima volta dall'inizio della serie la nipote, troverà Emily disperata per il rapimento e la presunta morte di Julia. Adesso capisco la freddezza della vetusta, ma è al limite del menefreghismo o della demenza la sua mancanza di preoccupazione per Julia.
Veniamo alle cose futili, Emily consiglia al postino di leggere "Il postino suona sempre due volte" di James Cain... Sì vabbè.
Canzoni citate? A bizzeffe: "Kind hearted woman" di Robert Johnson, "Gloria" di Van Morrison, "Day tripper" dei Beatles e "Come a time" di Neil Young & Crazy House.

© Sergio Bonelli Editore / M. Soldi & L. Zuccheri
Nel n.36 "Skip, il ladro" torna ai disegni il copertinista della serie Marco Soldi (assieme alla sempre presente Laura Zuccheri). Skip è un bambino filippino esperto nel furto acrobatico, avete presente Ocean's Eleven? Il cinese piccoletto esperto acrobata, contorsionista, che aiuta la banda? Ecco, il bambino della storia è qualcosa di simile. Questo durante un furto assiste a un omicidio, Julia se lo porta a casa e fnisce nei guai perché la refurtiva del bimbo interessa a un mafioso. La storia è piacevole, anche se il finale è velocissimo e stringato, come se si fossero trovati con meno pagine di quelle preventivate per risolvere la vicenda.
Julia chiama "Alan" il buon Webb e lui, come si dice dalle mie parti, si stima un bel po'.
La cosa che ho gradito di più è la rivelazione di una Julia (Berardi?) amante della fantascienza classica, racconta le notte insonni a leggere la trilogia della fondazione di Isaac Asimov (e gli altri seguiti no?!) e consiglia a uno studente John Wyndham, quello per intenderci di "Il giorno dei trifidi" o de "I figli dell'invasione". Io, da amante della fantascienza, apprezzo molto.

Il n.37 "I killer vanno in pensione?" è una sana e piacevole storia di vendetta che ogni tanto ci vuole. Un pacco bomba uccide la moglie di un tranquillo e distinto signore, ex-killer che si godeva la meritata uscita di servizio, la morte della moglie lo secca giusto un po' e lui fa una bella strage. Il vecchio è una via di mezzo tra un classico personaggio che interpreta Jason Statham nei suoi film e Jason Bourne visto la sua abilità, purtroppo il titolo svela troppo e subito, togliendo il gusto del dubbio che ci sarebbe stato almeno per le prime 50/60 pagine. Finale a effetto, dove ai cattivi non è concessa redenzione.
Ai disegni abbiamo Alberto Macagno e Claudio Piccoli. Piacevoli i siparietti tra una Julia, che si becca l'ennesima sberla dentro un localaccio perché non sa stare al suo posto e tenere a freno la lingua, e Leo Baxter, per spezza giusto un po' di ossa a chi ha fatto male alla sua Babe
Tanti i libri citati, il vecchio killer è un amante della lettura: "La macchina del tempo" di H.G.Wells (ancora fantascienza), "E Johnny prese il fucile" di Dalton Trumbo (che mi incuriosisce molto) e "Antichi maestri" di Thomas Bernhard. Julia legge "La lettera d'amore" di Cathleen Schine.

Nel n.38 "Il delitto è in onda" Berardi & De Nardo con alle chine Caracuzzo ci raccontano un omicidio in diretta tv, un presentatore infatti viene freddato da due colpi esplosi da una pistola di scena che doveva essere caricata a salve. Julia indaga assieme a Webb e gli indiziati sono davvero tanti: una ex moglie, un'amante, un figlio tossico, colleghi invidiosi, tutti di primo acchito vogliono bene al defunto ma tutti ci guadagnano parecchio dalla sua dipartita. Numero dalla trama piuttosto "classica", ma non per questo meno piacevole.
Di contorno all'indagine principale abbiamo Julia alle prese con un misterioso ammiratore che le manda fiori, cioccolatini, poesie di Nazim Hikmet. Alla fine si dimostrerà essere il figlio di Emily e Julia, che non sa se ridere o piangere dopo essersi lusingata e aver fantasticato la sua parte sullo spasimante, ammette di avere il doppio dell'età del ragazzo, quindi è una trentatreenne? Così pare.
Elmore Leonard la lettura del giorno.

Finalmente siamo giunti al n.39 "Bentornata, Myrna", dove Berardi  e Laura Zuccheri gettano le basi per il futuro della serie: un futuro dove avremo spesso come antagonista quella spietata gnocca che è Myrna Harrod.
Il giallo dell'albo sarebbe che Leo Baxter chiede a Julia di aiutarlo a incastrare il marito di una sua ex (una a cui tiene tanto che è pure bianca!) che fa lo strozzino. Tuttavia questo è solo un escamotage da parte degli autori per far fare qualcosa ai protagonisti finché fanno fuggire di prigione Myrna. Ed è proprio qui la parte interessante del numero, si parte da una Myrna Harrod remissiva in prigione, con scene alla Orange is the new black, ma come immaginiamo è tutto un bluff, la nostra amata killer, dalla sessualità versatile, crudele, pazza furiosa, ossessiva, nonché fottutamente scaltra, è ricca di risorse, infatti ben presto fugge e comincia a fare del suo meglio per sopravvivere. Ovviamente sopravvivere per lei significa non far sopravvivere gli altri, circuirli, sfruttarli e farli fuori, ah che dolce angioletto!
Nel finale anziché uccidere Julia le salverà la vita dalla strozzino, non perché sia diventata di buon cuore ma ovviamente per far fuori con le proprie mani l'oggetto del proprio amore malato, sua nemesi, Julia. Fuggirà senza portare a termine il delitto, stupita dalla reazione violenta della criminologa e disturbata dall'arrivo di Baxter e Webb.
Julia legge poesie di Allen Ginsberg e il romanzo "Tre camere a Manhattan" si George Simenon.

Che dire? Il 39 è un numero di passaggio certo, ma che fa un balzo di qualità assurdo con la presenza della serial killer. La promessa di un suo ritorno ci lascia un buon sapore in bocca, un sapore di ferro, un sapore di sangue, è una promessa di nuovi scontri tra le due facce della stessa medaglia: Myrna e Julia.

 

"La belva ferita si era rifugiata nella tana. Ma presto sarebbe riapparsa, lo sapevo bene. Perché avevamo un appuntamento noi due, di quelli a cui non si può mancare..." [Julia Kendall parla di Myrna Harrod]



Che la vecchia fastidiosa sia più scaltra della nipote o che abbiano sbagliato a darle le pastiglie?         ©SBE