lunedì 14 agosto 2017

Julia 2004 (parte prima) - Gita in Texas

Retrospettiva fumetti: Julia n. 64,65,66,67,68,69,70


I sei numeri di questo primo semestre del 2004 in realtà sono sette perché la storia dei mesi di giugno e luglio è doppia e non aveva senso parlarne a metà, anche perché è la dimostrazione che con un numero di pagine elevato si riesce a strutturare una storia davvero intrigante. Ma andiamo con ordine.

tutte le immagini © SBE
Partiamo col n.64 "La notte dei diamanti" di Berardi & Mantero con ai disegni il tratto solenne e classico di Federico Antinori. Torna finalmente in scena il ladro piacione Tim O 'Leary dopo l'avventura sul numero 24 "Kidnapping Express" (ne ho parlato QUI), un ottimo personaggio, molto sopra le righe che, essendo un ragazzaccio, accende un bel po' le fantasie di Julia. Lui la contatta perché mentre si preparava per uno dei suoi furti da provetto Lupin III è venuto a conoscenza di un omicidio avrebbe avuto atto di lì a poco. Impossibilitato dal rivolgersi alla polizia ha pensato bene di rivolgersi alla bella criminologa. La storia finirà con un faccia a faccia tra tantissimi personaggi in un clima un po' forzato e molto retrò (azzeccatissima la scelta di Antinori per questo numero), in perfetto stile di "La signora in giallo" con tanto di spiegone finale.

La storia scorre veloce e piace, anche perché viene dato molto spazio al privato tra i personaggi: la vicenda si apre con Julia che esce con Webb e se lo sbaciucchia per poi finire la serata con Tim che, a sua insaputa, la aspetta a casa. Serata inzuppata anche per una dura come lei. Cederà alle lusinghe del ladro anche se a priori sa già che non poò finire bene. Forse l'ennesimo sistema per autopunirsi per desiderare più una storia con uno come Tim, ladro gentiluomo ma inaffidabile, piuttosto che con burbero ma sincero brav'uomo come Alan Webb.
Tim le ruba un libro, "I ragazzi della via Pal" di Ferenc Molnàr.

Nel n.65 "Segreti di famiglia" Berardi & Mantero con alle chine Enio, trasferta a Miami per Julia, impegnata in una serie di convegni ma che finirà, suo malgrado e come da più classico dei copioni, a dover risolvere un caso di omicidio. Numero quasi esotico per gli standard della testata per l'ambientazione e anche per lo svolgersi tardivo del crimine. Infatti bisogna attendere i 2/3 della storia perché avvenga il delitto e il lettore capisca dove tutto il cincischiare porti. Tuttavia la lettura è gradevole e a tratti spassosa, poco importa che sia dato poco spazio al "giallo" vero e proprio. Un numero per spezzare la routine, che forse non piacerà ai puristi ma in un'ottica globale della serie ci sta.

Il n.66 "La morte in linea"  Berardi, De Nardo & Calza con ai disegni Mario Jannì è forse il numero che mi ha preso di meno dei sette presentati. Julia indaga sulla morte di un impiegato, indagini, interrogatori... né alti, né bassi. Forse la parte più gradevole è quella casalinga in cui accoglie un gatto randagio che finisce per insidiare le grazie della sua Toni, specchio dei rapporti umani di Julia, del suo timore/desiderio di avere una famiglia e dei figli.

"Dopo cena, sistemai Toni nella mia stanza. Chiusi la porta a chiave, per precauzione. Poi la presi e la guardai negli occhi, intensamente. Le sarebbe piaciuto, un giorno, avere un compagno e dei cuccioli tutti suoi? Mi resi conto che lo stavo chiedendo soprattutto a me stessa." [Julia Kendall]

Il n.67 "La chiamavano Betsy Blue" (Berardi & Calza - Thomas Campi) si apre con un efferato omicidio di una ragazza. Julia seguirà varie piste, amici gelosi, professori non propriamente seri, il tutto in una sceneggiatura che ha nel saper depistare il lettore il suo punto forte. Fino all'ultimo infatti i nostri sospetti vengono canalizzati altrove. Un'ottima prova di Berardi che con maestria ci insegna come dev'essere strutturato un giallo.
Musica giovane in questo albo: "The end of the line" degli Offspring e locandine dei System of a down in risalto.

"Analizzare la scena del crimine. E poi allargare il raggio d'azione. Osservare tutto, fin nei minimi particolari. E' quello che ho imparato sul campo. Ora lo insegno ai miei studenti, all'università. Bisogna immedesimarsi sia con l'assassino che con la vittima. Bisogna imparare a sdoppiarsi, come un attore che interpreta diversi personaggi nello stesso film. Questo è il compito di un criminologo. Governare le proprie emozioni, però, non è sempre facile." [Julia Kendall]

Nel n.68 "Chi ha ucciso Norma Jean?" (di Berardi & Calza) torna Claudio Piccoli, sempre tra i miei preferiti per la sua Julia sbarazzina e dal viso tondo e fanciullesco. Lei e Baxter vivono una scoppiettante avventura, tra mito e realtà, in cui i rimandi storici si fondono con la fittizia Garden City, il tutto sulle tracce di un uomo che ha conosciuto, amato (e dalla quale ha ricevuto scottanti rivelazioni) nientemeno che Marilyn Monroe. Inseguimenti, appostamenti, rapimenti, non manca nulla. L'apporto di Leo conferisce sempre un po' più d'azione e spavalderia alle vicende, sempre valore aggiunto mai abbastanza sfruttato. La storia è piacevolissima, devo ammettere che il mescolare elementi e personaggi storici reali non fa che aumentare il coinvolgimento del lettore, Berardi e Calza si destreggiano a meraviglia e Marco Soldi firma una copertina fantastica.
Il libro citato è ovviamente "Il caso Marilyn Monroe" di Robert F. Slatzer, testo fondamentale per approfondire la vita e soprattutto la curiosa dipartita della diva.

E siamo giunti alla storia doppia quella dei n.69,70 "Attentato nel Texas" e "Il grande mare d'erba" di Berardi & Mantero con gli splendidi disegni di Laura Zuccheri.
Julia finisce a Wylmeth in Texas su richiesta di Leo Baxter, rimasto accoltellato in una scazzottata mentre indagava sulla scomparsa del padre di un amico. Ci troviamo subito in un luogo ben diverso da Garden City, ranch di possidenti terrieri, cowboy, una ambientazione molto accattivante per i miei gusti, anche lo sceriffo Jay Gammon è il classico prodotto del luogo: duro, semplice e diretto, che suscita simpatia. Spiace quasi che alla fine non nasca nulla tra lui e Julia vista la loro, seppur improbabile, affinità. Si ritrovano rimandi ai testi di Joe R. Lansdale che ci ha sempre fatto vedere un Texas crudo e rurale. Una storia complessa, ma non ostica, che meriterebbe la classica riedizione in versione cartonata di lusso. Variare l'ambientazione giova alla serie, c'è poco da fare, avere a che fare con polizia meno tecnologica e invadente esalta le qualità dell'indagatrice dell'animo. La migliore storia di questo 2004, spinta anche dai disegni sempre graditissimi di Laura Zuccheri, abilissima a esaltare le scene negli spazi aperti (attendo con ansia  il suo texone!) senza togliere femminilità ed eleganza a Julia.
A chi è piaciuta questa storia non posso non consigliare la serie tv Longmire, sebbene ambientata in Wyoming e non in Texas, si ritrovano i grandi spazi, l'atmosfera da cowboy d'altri tempi e il lavoro più classico dello sceriffo vecchio stampo.


nei numeri 69 e 70 gli ampi spazi e il senso di libertà trasmessi dai disegni di Laura Zuccheri



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sabato 12 agosto 2017

Il bruco - Edogawa Ranpo & Suehiro Maruo

tutte le immagini © Coconino Press & autori

Edogawa Ranpo è tra gli scrittori più complessi e che ammiro nel panorama letterario giapponese, purtroppo pochissime sue opere sono giunte da noi, tre per la precisione: il mostro cieco, la belva nell'ombra e l'inferno degli specchi. Quest'ultima uscita per Urania Collezione è una fantastica raccolta di racconti che comprende anche il bruco, un insieme di storie allucinate e incredibili che meriterebbero una attenta lettura da parte di tutti. Ovviamente tale volume non è più disponibile...

Ranpo è, se vogliamo semplificare, il Conan Doyle giapponese, ha creato il detective Korogo Akechi che in patria gode di una fama pari a quella del suo ispiratore Sherlock Holmes. Persino il famoso detective-ragazzino dei cartoni animati e dei manga Conan Edogawa (Detective Conan) omaggia i due autori (Edogawa Ranpo e Sir Arthur Conan Doyle) col proprio nome. Da noi tali storie poliziesche di Ranpo non sono arrivate, solo arrivate solo le sue novelle più cupe, morbose e malate. Ranpo raschia il fondo del barile della bassezza umana, dei suoi istinti sessuali primordiali, il tutto con un gusto per il grottesco talmente disturbante che ai miei occhi risulta addirittura ammirevole.

Il bruco è la trasposizione a fumetti, davvero ben fatta devo dire, di uno dei suoi racconti più famosi. Sinossi: Il giovane e brillante tenente Sunaga è tornato gravemente ferito dalla guerra russo-giapponese. Senza braccia né gambe, sordomuto, è ridotto a una creatura simile a un bruco. Acclamato come un eroe, presto liquidato con una medaglia e dimenticato da tutti. Solo Tokiko, la bella e sensuale moglie, gli resta accanto, condannata dall’amore e dalle convenzioni sociali a convivere con l’invalido silenzioso e mostruoso che una volta era suo marito. In un crescendo di attrazione e repulsione, il sesso resta l’unico legame possibile tra i due.

Davvero angosciante e spiazzante il rapporto che la moglie Tokiko finisce per avere col marito. Lo cura per dovere, ma lo ama con devozione a tratti esagerata e al contempo prova per lui un odio feroce. Lui l'ha privata della libertà, di una vita normale, persino della possibilità di un dialogo tra marito e moglie. Lei gli infligge piccole e umilianti punizioni che, agli occhi di un lettore che vede un uomo menomato come Sunaga, appaiono spietate fuori di modo. Eppure i due in un gioco di silenzi, sguardi rancorosi, gesti impulsivi, finiscono per avere nel sesso, perverso, morboso, un collante che li porta a una sorta di "equilibrio" e appagamento sadico necessario per proseguire la loro vita. Il sesso come unico momento, atteso e vivo, della routine giornaliera.

Ai disegni Suehiro Maruo, noto (si fa per dire) in Italia per Il vampiro che ride o (sempre su storia di Edogawa Ranpo) La strana storia dell'isola Panorama. Il tratto sembra anacronistico, pare fare il verso ai seinen anni settanta dallo stile realistico con contaminazioni, per le parti oniriche, di scelte riconducibili agli anni ottanta. Risulta comunque funzionale alla storia data la sua ambientazione nei primi del novecento. Resi benissimo i sensi di colpa della moglie, con tavole scarne ma molto comunicative, oltre agli sguardi dei protagonisti spesso più eloquenti dei dialoghi. 

L'edizione Coconino Press - Fandango come sempre di pregevole fattura, ottima carta per un brossurato 17x24 cm di 144 pagine a 17€, un po' tantino per un'opera di lettura davvero veloce.

Volume consigliato anche per conoscere le tematiche di un autore, Edogawa Ranpo, che merita senz'ombra di dubbio un approfondimento e mi auguro vivamente che qualche editore con un po' di sale in zucca porti le sue opere in Italia, con tutti gli scrittori giapponesi che vanno tanto di moda tradurre sebbene abbiano storie banali sarebbe giusto dare spazio a un genio di tale risma.


A fumetti sempre della coppia Edogawa Ranpo & Suehiro Maruo:
  • La strana storia dell'isola Panorama (Coconino Press - Fandango)

Libri di Edogawa Ranpo tradotti in italiano:
  • Il mostro cieco (Romanzo edito da Marcos y Marcos)
  • La belva nell'ombra (Romanzo edito da Marsilio)
  • L'inferno degli specchi (antologia di racconti edita da Mondadori su Urania Collezione n.99)


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domenica 30 luglio 2017

Wonder Woman - Terra Uno

Grant Morrison non risparmia nessuno


Che il film di Wonder Woman abbia fatto da traino a una serie di iniziative relative all'amazzone di Isola Paradiso non ci piove, anzi, è un bene. Wonder Woman è un'eroina atipica e unica del suo genere, ben più umana di Superman, ha la super forza ma soprattutto un super cuore. E' al di sopra delle dispute maschiliste/femministe, propensa al compromesso costruttivo e rivolta sempre al bene superiore. Che poi sia una fica pazzesca agli occhi dei comuni umani e lettori poi non è certo una brutta cosa.

I fumetti di WW non mi hanno mai esaltato (un anno dopo carino, l'attacco delle amazzoni mah... new 52 niente da fare, l'ultima rinascita mi lascia perplesso) la mitologia mi piace ma le trame spesso sono scontate e poco coinvolgenti. Molto meglio quando è alle prese con problematiche più terra terra, senza contare il suo ottimo apporto e il carisma non indifferente delle avventure in team con la Justice League o anche i team-up assieme a Batman o Superman.

Wonder Woman Terra Uno, volume 1, (ri)narra le origini di Diana, di come lascia Isola Paradiso e di come inizia ad approcciarsi al mondo degli uomini. Banale? Non lo erano state le altre genesi di questa collana, né il Batman Terra Uno di Geoff Johns, né il Superman Terra Uno di Michael Straczynski (il cui secondo volume è molto deludente però). Non lo è di sicuro neanche questa storia scritta da Grant Morrison, non il primo che passa e di sicuro uno che se ne sbatte i coglioni allegramente di metterci del suo. Nella storia, per quanto fedele al classico (usa però forse troppa tecnologia per i miei gusti), Morrison non risparmia nessuno: fa fare una figura merdosa  tanto alle femministe che ai maschilisti e critica aspramente il militarismo mescolando le carte in maniera strepitosa. Tanto per citare un esempio quando entra in scena l'amica umana di Diana, la cicciottella Beth, le stesse amazzoni iper-femministe criticano la sua stazza al pari del peggiore dei maschi superficiali, giochetti del genere rendono una sceneggiatura quasi obbligata qualcosa che finisce inevitabilmente sopra la media.

Diana è resa benissimo, ingenua ma non sprovveduta, giovane ma scaltra (da sbellicarsi la scena in cui prima chiede a Steve Trevor se è un uomo e senza aspettare risposta gli mette una mano tra le gambe per controllare). Si dimostra adulta e sagace nel prendere le decisioni giuste e costringere la madre iperprotettiva Ippolita a vederla come una donna e non più come una bambina. Wonder Woman è la più caritatevole tra i supereroi, ma sa anche essere spietata all'evenienza. Prototipo fin troppo utopico della donna moderna, esempio non banale ma difficile da seguire. 

"Sono arrivati rapporti, incluse testimonianze oculari da parte di ufficiali, di un misterioso aeroplano trasparente pilotato da una modella adolescente in costume da bagno tanto forte da sollevare una jeep." [un militare]

I disegni di Yanick Paquette, a una prima occhiata mi erano parsi poco originali, eppure le amazzoni sono splendide così come le ambientazioni a Isola Paradiso, il resto è funzionale alla storia anche se in alcune tavole sembra aver fatto solo il compitino.

Unica cosa che mi ha fatto storcere il naso (e qui gli eroi da tastiera pronti a lapidare, che usando le parole magiche fascista, razzista, omofobo, per passare subito dalla parte della ragione possono sbizzarrirsi) il far diventare di colore Steve Trevor, sì, l'aviatore che è sempre stato biondino e fisicamente caratterizzato in maniera fedele ai vari fumetti da Chris Pine nel film . Capisco il voler essere politically correct o in linea con le mode marvel e dc che scombussolano etnie e sessi per far felici non so chi, ma io sono per una coerenza storica e visiva dei vari personaggi. L'unico cambio etnia/sesso davvero funzionale alla storia per darle qualcosa in più che ho trovato negli anni è stata la Joan Watson della serie tv Elementary, tutto il resto non serve.

Un fumetto in definitiva che consiglio, sia come primo approccio che per il lettori navigati.





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sabato 22 luglio 2017

Lavennder - di Giacomo Bevilacqua

Un vacanza tranquilla... ma anche no!


tutte le immagini
© Sergio Bonelli Editore & Giacomo Bevilacqua
Non sono sparito, tranquilli, l'uscita del nuovo libro ha catalizzato il mio tempo e la tastiera del mio computer, ma le letture non si sono mai fermate e cose carine in questo periodo ne sono uscite e ne ho lette parecchie. Lavennder è sicuramente una di queste!

Dopo le scanzonate vignette di "a Panda piace" e la storia impegnativa di "Il suono del mondo a memoria" Giacomo Keison Bevilacqua opta per una via di mezzo di grande impatto visivo con una trama più lineare e semplice, anche per le 128 pagine a disposizione che sono piuttosto limitanti per qualcosa di molto articolato.

Sinossi. Una vacanza in paradiso, tra le acque cristalline dell'oceano. Un'isola perfetta, incontaminata, deserta... O no? Dietro questa facciata idilliaca, questo scenario da cartolina, i giovani Gwen e Aaron intravedono qualcosa di inquieto e misterioso. Qualcosa che si muove tra le fronde, nel fitto della foresta. E sembra spiarli. C'è forse qualcun altro insieme a loro, in quel luogo remoto?

Una storia estiva, che sa di già visto di primo acchito (ma a volte le storie non è importante cosa dicono, ma come lo dicono), un po' horror b-movie vacanziero, con citazioni da lo squalo, lost e compagnia bella, ma il finale... ragazzi, il finale potrebbe fare incazzare qualche vecchietto puntiglioso, eppure io l'ho trovato di una genialità che invidio e che ammetto vorrei fosse venuto in mente a me per una delle mie storie. Finale che non svelo (ma una volta letto vi verrà in mente in automatico l'anagramma appropriato per il titolo ^_^ ) ma che innalza la storia da piacevole trastullo sotto l'ombrellone a fottuta genialata!
I disegni sono una cosa pazzesca, azzeccati, con i colori che ti danno proprio la sensazione di caldo e sole. La cosa più bella di tutte però sono i riflessi dell'acqua e la luce che filtra tra le fronte degli alberi facendo giochi di luce e ombra sui personaggi. Una resa magistrale.

Unica nota stonata in un contesto pressoché perfetto è (non me ne voglia Aldo Di Gennaro, il copertinista della collana) appunto la copertina! Efficace come tutte quelle de "le Storie", certo, ma che cazzo, Bevilacqua ti fa storia, disegni e colori, fategli fare anche la copertina! E poco mi importa se in una futura versione cartonata da libreria questo problema verrà risolto.

In definitiva un volume che metterò in libreria accanto a "Sangue e ghiaccio"di Faraci & Frisenda, forse le due migliori storie che ho letto fino ad adesso. 130 pagine a colori a 6,30€ di un grande autore sono un acquisto obbligato.


Dal sito della Sergio Bonelli Editore un video di come l'artista colora le tavole dell'albo:

Dello stesso autore ho parlato anche della sua precedente opera "Il suono del mondo a memoria" esattamente QUI

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domenica 25 giugno 2017

"Voce di lupo" di Laura Bonalumi

La solitudine e la natura come cure per un cuore afflitto


A volte nei libri per ragazzi c'è tutto quello di cui abbiamo bisogno, non servono paroloni o storie complicate dai significati astrusi se non pretenziosi.

Basta un tredicenne, Marco, che ha subito la perdita dell'amico Giacomo, e non è sufficiente l'amore puro che prova per lui Chiara o l'affetto forse troppo protettivo e poco comprensivo dei genitori per fargli, se non superare, almeno accettare l'infausto evento. Marco ha bisogno di solitudine, di ritrovare se stesso, il piacere di vivere. Per farlo sceglie di scappare nel bosco, il bosco che tanto ama, la natura magari non selvaggia ma lontana quanto basta dalla civiltà e dalla frenesia, dalle persone, per far sì che il ragazzo possa riflettere senza pressioni e libero, autonomo.
Il protagonista lascia una lettera, non vuole fare pazzie, ma vallo a spiegare a genitori apprensivi, o all'amica che come lui ha già subito il lutto dell'amico e si ritrova, sebbene in maniera diversa, affranta e abbandonata. Marco con le sue scorte di viveri, il sacco a pelo, la tenda, vivrà un'esperienza catartica in cui ritroverà il senso della vita, imparerà ad accettare le cose che essa ci porta via e ad apprezzare quelle che invece abbiamo, che ci fanno andare avanti e ci danno gioia.
Non solo un libro per ragazzi, ovvio, tutti abbiamo subito delle perdite, tutti abbiamo dovuto confrontarci con quel vuoto incolmabile che man mano, come dice l'autrice, non si riempie mai ma viene accompagnato col tempo da un'accettazione e una gestione dei ricordi che ci fa bene piuttosto che straziarci.

Perché alla fine, di fronte alla scomparsa di un amico, siamo tutti come dei ragazzini indifesi e sconsolati.



["Voce di Lupo" di Laura Bonalumi - ed. Piemme - collana: il battello a vapore, i vortici - 2017 - pp.189 - brossurato con alette ]



E' uscita la mia nuova antologia di racconti, "HOTEL MEZZANOTTE",
clicca QUI per leggere la pagina dedicata ^_^


venerdì 9 giugno 2017

Everyman - Philip Roth

La vecchiaia non è una battaglia: la vecchiaia è un massacro


"Ma la cosa più straziante è sempre la normalità, il constatare ancora una volta che la realtà della morte schiaccia ogni cosa" [Philip Roth]

Mi sa che definirlo il libro più deprimente che abbia mai letto è riduttivo.
Di primo acchito mi ha attirato per la copertina, completamente nera, nella sua prima edizione italiana come in quella originale, ho pensato subito che fosse una mossa azzardata ma più figa che mai. Col senno di poi la trovo l'altra faccia della medaglia de "Il giovane Holden", che aveva la copertina completamente bianca e che faceva della giovinezza e della leggerezza nell'affrontare il domani il suo dogma.

"Devi prendere le cose come vengono. Tener duro e prendere le cose come vengono. Non c'è altro sistema."

Everyman è l'esatto contrario, una lunga, estenuante, agonia di un uomo verso la morte, il viaggio di una vita scandito da malattie, errori e amori,  tappe il cui arrivo è quello di tutti gli uomini, un cappottino di legno sotto un metro e mezzo di terra. Everyman è il suono dell'inevitabilità, della pochezza umana diretta verso l'oblio. Non a caso il romanzo si apre con il funerale del protagonista, giusto per far capire al lettore subito che non c'è finale, ovvero che il finale si sa già, ed è il finale di tutti. Di tutti gli uomini come dice il titolo. Toglie il dubbio e lascia il viaggio, la vita come unica cosa su cui concentrarsi. Neanche il nome si sa del protagonista, ma non ce ne rendiamo neanche conto durante la lettura. Di Roth avevo letto solo Il seno, che poco svelava delle capacità di narratore di questo autore che merita davvero molto, qui in 120 pagine che sembrano tante di più non si riesce a non provare empatia per un protagonista mediocre che, nella sua umanità, compie sbagli grossolani e lotta contro la solitudine come molti di noi potrebbero fare. Una storia talmente e intimistica che può risultare disturbante per alcuni ma che io ho trovato toccante e mi ha molto colpito.

"Se riuscirò a scrivere questi ricordi, avrò detto alla gente chi sono. Se riuscirò a scriverli, morirò col sorriso sulle labbra."

La cosa importante è la ricerca del sentirsi vivi e meno soli, finché si flirta tutta l'esistenza con quella che sarà la nostra ultima amante: la morte.

"Voltati indietro ed espia le colpe che puoi espiare, e con quello che ti resta tira avanti meglio che puoi."

sabato 3 giugno 2017

La giovane Julia (prime storie dagli almanacchi del giallo)

Almanacco del giallo 2005,2006,2007,2008

Era da un po' che pensavo di ripercorrere in parallelo le vicende degli almanacchi e degli speciali anche perché non direttamente collegate alla continuity della serie regolare.
In casa Bonelli nel 2005 l'almanacco del giallo è una sorta di passaggio di consegne tra la serie di Nick Raider (sarebbe interessante parlare di questa collana prima o poi) chiusa nel gennaio di quell'anno e Julia che cavalca un'onda di lettori affezionati che tutt'oggi le ha fatto superare i 200 numeri ed è prossima a tagliare il traguardo dei vent'anni di pubblicazione. 

tutte le immagini © Sergio Bonelli Editore
la Julia di Laura Zuccheri
Nel 2005 esce il primo almanacco con una storia di Julia e porta una ventata di freschezza e innovazione nelle storie della criminologa. "Il mio primo caso" si intitola e così è dato che a cadenza annuale da quel momento, e per gli almanacchi successivi e gli speciali a colori poi, le storie contenute narreranno le avventure di una Julia che frequenta ancora l'università, ventenne e con i capelli fino alle spalle, che vive ancora con la nonna e la sorella. Una Julia che fa i primi passi nel mondo duro della criminologia e che collabora per le prime volte con la polizia. Le storie sono più corte, 94 pagine, e i casi spesso all'acqua di rose e ben più semplicistici di come siamo abituati, eppure la forza di tale iniziativa è il poter vedere la nostra eroina sotto un'ottica diversa. Questi prequel infatti spingono al massimo l'approfondimento del personaggio, le storie sono quasi un pretesto per conoscere meglio la protagonista e la sua genesi, l'evoluzione che l'hanno fatta diventare l'adulta che ogni lettore ha ben presente. Un tassello importantissimo e fondamentale immancabile per qualsiasi fan.

la Julia di Claudio Piccoli
Veniamo alla prima storia. Almanacco del giallo 2005 "Il mio primo caso". La Julia adulta ci racconta con un flashback di quando ha partecipato alla prima indagine: il suo insegnante di criminologia, Raymond Cross (che occupa all'università il posto che sarà della Kendall), la porta con sé in una scena del crimine. Una donna è stata strangolata e la polizia sta indagando, ritroviamo quindi dei giovani Ben Irwing (stessa stazza però!) e il tenente (non ancora capitano della polizia di Garden City) Clyde Carter, di quest'ultimo non ho mai parlato mi sa, ma è un ottimo personaggio, di quelli duri e tutti d'un pezzo come piacciono a me, disegnato sulle fattezze di Morgan Freeman, che meriterebbe un po' più spazio in qualche episodio della serie regolare. Di lì a breve il secondo marito della vittima confesserà l'omicidio e il caso andrà così a morire (che termine azzeccato!), solo la nostra criminologa in erba fiuterà l'inganno che sta sotto alla confessione.
Audrey Hepburn a 22 anni
Questo si presenta come un numero più introduttivo che di reale approfondimento. Julia si finge una dura ma di notte gli incubi per aver visto un cadavere non le danno tregua. Cross è un emerito pezzo di merda che vessa Julia forte del suo essere insegnante e ammirato dalla giovane, la stuzzica e la umilia (bel metodo di insegnamento) mortificandola per i propri errori o ingenuità. Finisce pure per chiederle, mentre la accompagna a casa, se ha un ragazzo, e lei ci nomina un certo Brian con cui si è lasciata da poco, questo inoltre fa il verso al primo numero della serie regolare. Cross quindi la illude anche di volerla invitare a cena ma poi ritratta. Un infame.
Dal canto suo la protagonista appare ancor più di come la conosciamo fragile e insicura nel privato, priva di quel labile equilibrio che avrà una decina di anni dopo.
Copertina, fronte e retro, bella impostazione grafica, e disegni della sempre bravissima Laura Zuccheri (mai sfruttato a dovere il suo talento dalla Bonelli visti i capolavori che disegna per oltralpe), testi di Berardi e Mantero.

"Quando faceva così, il professor Cross era estremamente sexy. Però aveva ragione. Mi ero comportata con leggerezza. L'avevo scavalcato, intervenendo al suo posto, creandogli imbarazzo. Era prevalsa la voglia di mettermi in mostra. Niente di più spiazzante, per una ragazzina alle prime armi, di una persona matura che ne sottolinea la presunzione. Ci si sente svuotati, umiliati." [Julia Kendall]
Almanacco del giallo 2006. "Il caso della polvere di stelle". Berardi e Calza su disegni di Claudio Piccoli. Si parte con la morte di Kurt Cobain leader dei Nirvana (avvenuta nel 1994) e Julia ventenne (che nella serie regolare quando racconta ne ha 32) che indaga, spinta da Cross e col fondamentale aiuto di Big Ben Irwing, sul suicidio di un giovane. 
Viene aiutata pure dalla sorellina Norma, sempre scaltra e vispa, Julia le fa la ramanzina perché si fa le canne, ma fattene una anche tu che così ti rilassi, manco una birra si beve Julia! E poi da adulta è comprensiva con la sorella che si buca... questo proprio per me è inaccettabile. Un buon numero sui drammi e le debolezze dei giovani, di piacevole lettura e una buona variazione sulla giovane criminologa.
Si nomina il libro "Anatomia della distruttività umana" del già citato sul numero 59 della serie regolare Erich Fromm.
Musicalmente manco a dirlo l'intero numero è incentrato sui Nirvana con canzoni quali: Come as you are, Smell like teen spirit, Rape me.

L'Almanacco del giallo 2007 "Il caso del principe rapito" (Berardi e Mantero con ai disegni Laura Zuccheri) è forse l'albo più debole a livello di giallo, il tutto si esaurisce con il rapimento di Julia e del suo nuovo amico che in realtà è un principe. Azione e fuga per una Julia che si lascia andare con un ragazzo che le piace, ma che è persino più timido e posato di lei. Consigliata dalla sorellina va pure a ballare a una festa, si veste sexy e sembra quasi togliersi il peso della brava ragazza ligia al dovere di dosso. Originale la parte della fuga dai rapitori.


la Julia di Robero Zaghi
"Già da allora le mie esperienze con l'altro sesso erano rare e insoddisfacenti. Mi imponevo soggetti anticonformisti, intellettualoidi, per poi scoprire che erano i più conformisti di tutti. Quell'atteggiamento di non volersi buttare via era frutto di un'elaborazione mentale. Gli ormoni invece, lanciavano altri segnali. Che, evidentemente, Norma sapeva raccogliere meglio di me" [Julia]


Veniamo all'Almanacco del giallo 2008 "Il caso della carpa e del dragone". Beh, se non ce l'avete correte a procurarvelo subito, è una pietra miliare del background del personaggio di Julia, un tassello fondamentale della sua storia, introspezione pura, forse a oggi la migliore storia della Julia da giovane pubblicata. Berardi e Calza ci regalano una vicenda che, sebbene a livello investigativo abbia poco da dire, è il massimo in quanto approfondimento del personaggio della futura criminologa.
Julia all'inizio accompagna Cross e la polizia sulla sanguinolenta scena di una resa dei conti della Yakuza, la mafia giapponese. Questo la porterà ad approfondire la cultura del paese del sol levante. Nel farlo conoscerà Jiro Nagamori, titolare di un negozio di libri e stampe orientali (nonché erede di una famiglia Yakuza, ma sennò come lo colleghiamo alla storia dell'albo?!) e vincendo la propria timidezza finirà per flirtare con lui, conquistarlo, salvarlo, innamorarsene, finirà per farci l'amore, per portarlo a casa, per farsi maciullare il suo cuoricino già fragile. Un'escalation di vicende personali che fanno dire al lettore "chi cazzo se ne frega della yakuza, di chi è il cattivo" perché una Julia così da vicino, umanamente, e così a lungo, non si era mai vista.
Alla fine "il caso" verrà risolto, più o meno, ma poco importa, il senso di conoscere molto meglio la futura indagatrice dell'animo che si prova alla fine dell'albo è qualcosa che gratifica il lettore come poco altro.
Ai disegni non l'ho dimenticato, ma l'ho tenuto per ultimo, il mio artista preferito di Julia: Roberto Zaghi; purtroppo alla sua unica performance tra almanacchi e speciali, ci regala a livello grafico la migliore Julia-giovane che incontreremo mai, sarebbe da postare qui quasi tutte le inquadrature che fa con lei come protagonista. Maestro assoluto.
Andate a recuperare (o rileggere quest'albo). Subito!

"Ciò che accade nei giorni seguenti lo conservo in uno scrigno segreto dell'anima. In qualche modo mi avvicinai all'amore per la prima volta, i miei sensi di donna sostituirono quelli di ragazzina... Ero lontana da casa, da Norma, dalla nonna, dal professore... Dal mio passato." [Julia quando era con Jiro]

Mi fermo qui, so che la capacità di leggere le mie farneticazioni ha un limite. Ma presto parlerò dei successivi. Sì è una minaccia che non lascia spazio a benefici del dubbio.

lunedì 29 maggio 2017

Come quando eravamo piccoli

di Jacopo Paliaga & French Carlomagno

tutte le immagini © Bao Publishing
"Come quando eravamo piccoli" è  la storia di un amore che finisce e di un altro che inizia, la storia di come un fratello e una sorella possano essere legati e di come si aiutino a vicenda.

(trama dal sito dell'editore) Pietro è un italiano che ha fatto fortuna in America. Creatore di una serie TV di successo, era fidanzato con l'attrice protagonista, finché lei non l'ha lasciato per un collega del cast. Così Pietro, spiazzato e con la sensazione che la sua vita abbia perso il giusto filo narrativo quanto se non più della serie che ha creato e in cui non si riconosce più, torna in Italia, a casa della sorella, e nel cercare se stesso conosce qualcuno.

Ho apprezzato molto i comprimari: il marito della sorella, un tranquillone di prima che sembra saperla molto lunga, ammetto che mi sarebbe piaciuto gli fosse dato più spazio. Altro ottimo personaggio è Alice, la ragazza che conosce Pietro in Italia e di cui si invaghisce, che lo tira fuori dalla buca che si era accuratamente scavato. In tutto questo forse è proprio il protagonista ad essere il meno attraente della combriccola, persino la sorella minore, che agisce come una provetta sorella maggiore, toglie luce a Pietro agli occhi del lettore. Punti di vista e gusto personale certo, ciononostante la storia fila liscia e piacevole fino a un finale da film commedia romantica all'americana, ma è proprio questa la sensazione voluta dallo sceneggiatore mi sa. I tempi della storia sono dettati non da capitoli ma da episodi a mo' si serie tv, le vignette zeppe di citazioni tra tv e cinema, roba che a coglierle tutte bisogna essere davvero ferrati in materia, eppure il lettore si trova subito sulla stessa lunghezza d'onda di Jacopo Paliaga e gli perdona una catarsi finale difficilmente ripetibile dalle persone comuni.

I disegni di French Carlomagno funzionali alla vicenda narrata, colori tenui e linee stilizzate per i volti, hanno il loro punto di forza nella grande espressività facciale dei personaggi, le sopracciglia e i movimenti degli occhi raccontano infatti molto più di quanto un disegno con quello stile di solito riesca a fare. Ho apprezzato molto anche i fondali, a volte minimalisti, altre molto articolati, ma sempre azzeccati. Così come la resa delle ombre, che le scene si svolgano in notturna o alla luce del sole danno qualcosa in più.

L'edizione Bao Publishing del 2016: un brossurato con alette 17x23 cm di 128 pagine su carta da 140 grammi a 16 euro non fa una piega. Come il solito.

La cosa che mi è piaciuta di più, non posso negarlo, è il rapporto tra fratello e sorella, che si vogliono bene, sono complici e si sostengono a vicenda, questa parte è davvero resa al meglio, è forse proprio con questo che lo sceneggiatore dà qualcosa in più a una storia magari non fortissima.

Un volume piacevole, se vi piacciono le commedie romantiche americane fa proprio per voi.

lunedì 22 maggio 2017

Silverwood Lake

di Simona Binni

tutte le immagini © Simona Binni & Tunué
Letto quasi per sbaglio, senza sapere trama, background dell'autrice, o quant'altro. Lo prendo e lo sfoglio, bella carta, colori tenui e non invasivi, come vanno di moda ultimamente, bel volume, i volti dei personaggi sono molto espressivi, stilizzati, mi ricordano quelli di Tony Sandoval (credo sia da prendere come un complimento). Poi ieri sera tardi mi sono messo a leggerlo e si è rivelato un errore, sì ma solo perché finché non l'ho finito non sono riuscito a smettere, volevo sapere, arrivare alla conclusione (e credo sia anche questo un complimento).

La storia, che copio e incollo. Con la speranza di comprendere le motivazioni che hanno spinto suo padre a vivere da home­less, Diego intraprende un viaggio nel sud della California, solo, lontano dal suo mondo e in stretto contatto con la parte più nascosta di sé, quella che per diciassette anni era rimasta bloccata, vittima di un’assenza troppo grande per essere colmata e di un’angoscia deva­stante. La ragione apparente che spinge Diego, di professione giornalista, a partire, è quella di realizzare un reportage su una comunità di homeless situata sulle rive del Silverwood Lake. Presto scoprirà di essersi messo in viaggio con l’idea di trovare delle risposte, ma si accorgerà di aver recuperato, in quella esperienza tanto lontana da lui, una parte così vera di sé da cambiare completamente lo scenario della sua esistenza

L'essenza del volume è in una frase di Sigmund Freud citata come intro al capitolo 4 "C'è una storia dietro ogni persona. C'è una ragione per cui loro sono quel che sono. Loro non sono così perché lo vogliono. Qualcosa nel passato li ha resi tali e alcune volte è impossibile cambiarli."
Diego nel suo viaggio conosce persone all'apparenza borderline, scontrose, schive, ma la verità è che dietro e dentro a ognuno c'è qualcosa che non si vede, un inferno personale che spesso non si può affrontare e risolvere, bisogna solo accettare. Ma non è mai semplice o immediato, il tempo gioca un ruolo fondamentale, come la solitudine, mezzo per trovare se stessi, ma anche la condivisione del dolore perché spesso la cura per i propri mali è indiretta, si cerca di curare il male di un altro e si scopre di aver curato di riflesso anche il proprio. La storia è di facile e piacevole lettura ma spinge a riflettere, nessun particolare è messo giù per caso, ho notato una grande ricerca per amalgamare le storie dei personaggi e rendere il tutto fluido e naturale. Il lettore ne rimane coinvolto, rapito, l'azione è quasi completamente assente nella vicenda eppure il passare del tempo della narrazione è palese, palpabile, l'evoluzione dei personaggi plausibile, il finale toccante. Più che un fumetto è un vero e proprio romanzo di formazione.

Simona Binni, l'autrice, dimostra una grande conoscenza del genere umano. Interessante la sua scelta di ambientare la vicenda in California, immagino sia per avere più libertà nella narrazione, i disegni sono piacevoli e funzionali, colori tenui e rilassanti, ottimo taglio di sequenze nelle tavole. Tuttavia quello che ho apprezzato di più sono state le pagine a una sola vignetta con solo una frase a corredo, sono quelle che rallentavano il ritmo della narrazione concedendo uno stacco e consentendo al lettore di riflettere dandogli al contempo un senso di calma e calandolo nella vicenda.

L'edizione è superlativa, la tunué a un prezzo accessibile di 16,90€  sforna un volume di 168 pagine 19,5x27cm a colori e cartonato di invidiabile fattura, la sanno lunga su come valorizzare un'opera a fumetti, su questo non ci piove.

La cosa più assurda è che di norma un disegnatore non usa per raccontare storie parole così efficaci, spesso infatti si affida all'arma più forte e riconosciuta che ha a disposizione: per l'appunto il comparto grafico. Qui, sebbene disegni, colori e struttura delle tavole sia estremamente curata la cosa che mi ha preso di più è stato il coinvolgimento che Simona Binni è riuscita a creare facendo parlare o pensare i personaggi. Mi sento davvero di dire che abbiamo a che fare con un'autrice completa che è riuscita a dare, con una sceneggiatura intimista e molto ben studiata, una marcia in più al volume, siamo di fronte non solo a un buon fumetto, ma a una graphic novel che ti lascia molto di più di una gradevole lettura. Una piccola perla che consiglio senza alcun beneficio del dubbio.



domenica 14 maggio 2017

Freezer

di Veronica "Veci" Carratello

La prima cosa che mi è venuta in mente quando ho visto la copertina di questo volume è stato il camper di Breaking Bad, non c'entra niente lo so, ma che posso farci? Il camper, il fumo, la mia testa malata, boh... Poi ho sfogliato il volume, colori tenui, disegni stilizzati, una strampalata bambina protagonista, ero scettico, i miei gusti spesso mi spingono altrove, non posso negarlo. Sta di fatto che me ne sono sbattuto e l'ho letto lo stesso, le cose vanno anche così.

La storia. Mina è una ragazzina un po' sulle sue (ma chi non lo è?), cavalca il confine tra infanzia e adolescenza, quel periodo in cui i drammi sono montagne invalicabili e le famiglie non sono mai adeguate alle esigenze dei ragazzi. Mina che si controlla le mutande ogni tre per due perché teme l'arrivo delle prime mestruazioni che incombono sulla sua testa come una spada di Damocle. Lei che vive con la mamma impicciona ma premurosa, il papà narcisista ma fannullone, il fratellino scemo, lo zio Ernesto, che è davvero il personaggio più divertente e scaltro della storia nonostante sia zeppo di fobie, la nonna muta, il gatto che vuole suicidarsi. Senza contare il vicino di casa che ovviamente i cazzi suoi non sa neanche cosa siano e i compagni di scuola che a fare gli amici non sono mica tanto bravi.
non ho resistito, dovevo metterla ^_^

Proprio questo gruppo di personaggi è la forza di una storia di crescita, di cambiamenti che fanno paura, di prime infatuazioni, ma anche di tanta ironia che (eh sì, lo ammetto) si sposa benissimo coi disegni, caratteristici e azzeccati che sottolineano l'essere sopra le righe e forse anche il cinismo di alcuni dei protagonisti. Una piacevole sorpresa.

L'edizione è molto bella della Bao Publishing, cartonato di 137 pagine 17x24 a 18€ (ahi!), unica pecca è che manca la trama sul volume, c'è solo la frasetta "Una storia di piccoli drammi, pensioni di reversibilità, pessimi vicini, primi appuntamenti e prestanome sentimentali" messa anche come unica descrizione su Amazon e ibs che non invoglia all'acquisto come dovrebbe...

Un'opera che mi ha colpito in maniera positiva e che mi sento di consigliare a ragazzi e adulti, perché a seconda dell'età del lettore credo si possano trovare cose diverse che sappiano strapparci un sorriso. Un'opera rassicurante.

sabato 6 maggio 2017

Julia 2003 (seconda parte) - sei storie davvero top!

Retrospettiva fumetti: Julia n. 58,59,60,61,62,63 (2003)

"Quelle frasi piene di dolore mi avevano scavato dentro. Alla mia età l'assenza di una vera famiglia pesa molto. Sognavo un compagno stabile, un figlio a cui scaldare il latte, il suo sorriso..." [Julia Kendall]

la sbarazzina Julia di Mario Janni © SBE
Se nell'ultimo post dedicato a Julia ero un po' deluso per le scarse emozioni che mi avevano trasmesso i primi sei numeri del 2003 qui non posso certo lamentarmi, per i miei gusti qui siamo di fronte a una carrellata di storie tra le migliori di sempre dell'indagatrice dell'animo. Alcune narrate in maniera magistrale, altre con intrecci semplici ma efficaci, altre ancora talmente intricate da spiazzare il lettore. Dopo cinque anni di Julia Berardi non tradisce e se magari con qualche storia fa un passo indietro, con quella successiva ne fa sue avanti. Ma andiamo a iniziare.

Nel n.58 "Patto scellerato" Berardi, De Nardo e Calza ci raccontano di un poliziotto che viene ucciso in una sorta di esecuzione, tutto lascia supporre che dietro ci siano degli spacciatori di droga. L'atmosfera è molto tesa, sia Webb che tutti i colleghi del morto la prendono molto sul personale, in casi del genere non essere obiettivi può rivelarsi fatale. Julia che dà una mano alle indagini si trova ad avere l'aiuto di uno strano tipo che si fa chiamare John Smith, nome fittizio dietro il quale si cela un emissario della mafia che vuole collaborare con la polizia per i propri tornaconti personali. Manco a dirlo, il malandrino stuzzica le fantasie della nostra criminologa manco a dirlo se lo sogna pure di notte.
La chiave di volta sarà la figlia del poliziotto morto, fin dall'inizio nel mirino di Julia. Una storia tosta, complessa e ricca di pathos. Mario Jannì ai disegni ci regala una Julia sbarazzina e spigliata nei gesti e nelle espressioni, non disdegnando di mostrarla allo specchio finché si vanta della propria silhouette.
eh che volete farci... © Mario Janni & SBE
La storia del n.59 "Lo sciamano" è tra le più atipiche e oniriche che mi sia capitato di leggere su questa testata, la parte investigativa è canalizzata dai sogni della protagonista eppure questo non snatura la serie, anzi Berardi e Calza dosano bene le trovate senza mai essere eccessivi.
la fanciullesca e morbida Julia di Claudio Piccoli © SBE
Un collega di Julia la chiama chiedendole aiuto, quando lei assieme a Baxter lo trova morto per un arresto cardiaco niente fa pensare a un omicidio, eppure...
Il defunto, antropologo e collezionista di manufatti antichi non offre che piste labili nella sua vita privata. Julia inizia così un viaggio onirico guidata da uno sciamano, che la spingerà verso un oggetto conteso da più nativi americani e verso la verità.
Interessante la vita quasi di coppia che conducono Julia e Leo durante la vicenda, con sommo disappunto di Emily. Grande prova alle chine di Claudio Piccoli, bravissimo a cambiare stile di disegno a ogni sogno della protagonista.
Sono citati due libri: "L'arte di amare" di Erich Fromm e "Antropologia culturale" di Marvin Harris.

Nel n.60 "La grande burla", su sceneggiatura di Berardi e Mantero, abbiamo ai disegni Lucio Leoni (ha lavorato in soli due albi della serie) e Alberto Macagno che per la prima volta ci danno una Julia con la pettinatura che in futuro diverrà lo standard ovvero la (come la chiamavano una volta) riga in parte, più moderna e matura. Una storia è tra le migliori di Julia: il "burlone" è un tizio molto simpatico che piazza finte bombe e semina il panico in tutta la città e le fila della polizia. Colpi elaborati e spettacolari in una trama intricata e ricca di capovolgimenti di fronte davvero inaspettati che spiazzano e coinvolgono il lettore. Julia intanto si lascia andare anche alla sua seconda storia d'amore di quest'anno (record!), in questo caso con un giornalista (forse).
Musica, finalmente tornano le canzoni citate da Berardi: "Calico skies" di Paul McCartney e "Sultans of swing" dei Dire Straits.

Nel n.61 "Una vita in gioco" Berardi & Mantero ci raccontano di una corsa automobilistica clandestina dove una manomissione ci fa scappare il morto. Omicidio, due bande di giovani rivali, Julia si destreggia sciolta in un ambiente che ha poco a che fare con lei in una storia lineare ma ricca di azione, dinamica, con scazzottate, corse in auto, rapimenti, godibile fino alla fine. Steve Boraley ai disegni pare molto ispirato in questa storia da vento nei capelli.

la Julia di Roberto Zaghi, sempre la mia preferita © SBE
Altra grande storia l'abbiamo nel n.62 "L'assassino è innocente" (Berardi & Calza), in una Garden City sotto la neve Julia viene rapita da un signore ricercato per omicidio che vuole il suo aiuto. Una storia non lineare che svela molto lentamente le sue carte tenendo il lettore fino all'ultimo col dubbio di come siano andate realmente le cose. Grande prova di narrazione.
Ai disegni torna Roberto Zaghi, da sempre il mio preferito, per me la più Julia di tutte è la sua, così come il Brendon è quello di Franzella, Zagor quello di Ferri, Dylan Dog quello di Stano, non me ne vogliano gli altri (eh vabbè poi c'è Corrado Roi, altro mio preferito, ma lui ha un tratto così caratteristico che è impossibile inquadrarlo con un personaggio, Dylan o Brendon che sia). Prendete questo albo del 2003 e poi prendete il numero 221 "Nel centro della bufera", sempre Julia, sempre neve, sempre Zaghi, e osservate il tratto com'è cresciuto, guardate il viso di Julia, la mascella si è fatta più volitiva, la pettinatura e gli occhi più adulti e maturi. Specchio perfetto dell'evoluzione di un artista quella del suo personaggio!

Quando un giorno che sapete essere mercoledì comincia subito a sembrarvi domenica, vuol dire che da qualche parte c'è qualcosa che proprio non funziona. [da "Il giorno dei trifidi" di John Wyndham]
la mia cover preferita delle sei © M.Soldi & SBE

A dicembre del 2003 esce il n. 63 "Veleni", Berardi & Mantero alla sceneggiatura, Zuccheri & Michelazzo ai disegni. Un impianto industriale riversa veleni nell'ambiente circostante e tutti se ne sbattono finchè un incidente non ci fa scappare il morto. Julia per la prima volta lavora assieme alla reporter Tina Davis di Garden TV e l'accoppiata funziona bene, così come l'apporto di Webb e Irwing, una storia corale ben orchestrata fino a un finale un po' troppo veloce, ma del resto le pagine a disposizione sono quello che sono.
Berardi ancora una volta si dimostra grande appassionato di fantascienza citando "Il giorno dei trifidi" di John Wyndham, che consiglio anch'io, oltre ad altri maestri del genere come Jack Vance o John Varley.

Se l'annata all'inizio mi aveva lasciato il beneficio del dubbio, alla fine ogni dubbio è stato fugato, storie tra le migliori di sempre, se avete questi albi rileggeteli, se non li avete recuperateli.

QUI la prima parte degli albi di Julia del 2003.
QUI invece la lista di tutti i fumetti di cui ho parlato.