martedì 28 marzo 2017

Julia 2003 (prima parte)

Retrospettiva fumetti: Julia n. 52,53,54,55,56,57 (2003) 

Dopo qualche mese torno a parlare di Julia, non me ne sono scordato ma altri impegni mi hanno fatto trascurare un po' il blog, non le mie letture però. La prima metà del 2003 per la serie della criminologa non presenta grandi picchi di originalità e le storie seppur restando su standard molto alti non sono tra le più memorabili di questa mia rilettura. Ma andiamo con ordine.

dal n.52 © Antinori & Sergio Bonelli Editore
Il migliore dei sei albi che vedremo qui è anche il meno classico come ambientazione e tematica. Nel n.52 "Profondo sud" (Berardi & Mantero, ai disegni Federico Antinori) infatti Julia e Leo compiono un viaggio in Alabama alla ricerca di una coppia scomparsa (lei nera di Garden City e lui bianco del posto). Alla ricerca dei due si aggiunge l'omicidio dell'investigatore del posto amico di Baxter che lo stava aiutando con le ricerche. Aveva scoperto qualcosa di losco e lo hanno fatto fuori? Ovviamente sì. I nostri beniamini si ritrovano in un sud degli Stati Uniti ancora molto razzista in cui opera un attivo KKK. Devo ammettere che complice l'ambientazione e lo sfondo razzista le vicende mi hanno un po' riportato alla mente le storie di Lansdale, sebbene tra Texas e Alabama ce ne passi.
dal n.52 © Antinori & Sergio Bonelli Editore
Sul piano personale Julia a Garden City conosce un uomo che dopo averla portata a cena crede gli vada di lusso ma lei lo respinge indignata (!). Tuttavia alla fine gli dà un'altra possibilità e non solo quella (!!), gli passa la patata bollente come si suol dire? Qualcosa del genere... Fatalità, ma neanche tanto, la liaison perde mordente molto preso e lei rammaricata si sente pure in colpa. Eh già, prima se la tira, poi ci sta, poi si pente, e quando tutto finisce è ben lieta di sentire Webb (!!!). C'è poco da dire: Berardi conosce proprio bene le donne.

Nel n.53 "L'ascensore" siamo alla fiera dell'assurdo, un albo al limite del grottesco, senza il giallo vero e proprio, senza azione. Julia resta chiusa in un ascensore assieme a un tizio, fatalità nel palazzo non c'è nessuno e Webb con Baxter si mobilitano per cercarla. Tutto qui! Ma dico: mi mettete Roberto Zaghi, il mio disegnatore preferito di Julia a disegnare un albo del genere? Sì, piuttosto seccante.
Musica: "Summertime" di George e Ira Gershwin.

Purtroppo anche il n.54 "La città buia" mi ha lasciato l'amaro in bocca. Berardi & Calza con Claudio Piccoli ai disegni raccontano di un rapper nero che viene ucciso a un concerto. Julia indaga e va oltre la pista razzista, i retroscena politici all'omicidio sono determinanti. Sarò stato in un momento no, ma ho trovato questa vicenda pesantissima da leggere e un po' troppo propagandistica (la propaganda di destra o di sinistra non mi interessa, non mi va nei fumetti quando è troppo palese, per esempio mi piace lo Zerocalcare nostalgico ma lo Zerocalcare propagandistico non lo sopporto). Aggiungiamoci anche Luther, il figlio di Emily che aiuta nelle indagini, antipatico come pochi. La storia poi è troppo articolata per essere credibile, e le 14 (no, dico 14!) pagine con le canzoni di Lorenzo Calza? Capisco che sia co-autore dell'albo, ma proprio non ci siamo.
"Television, the drug of the nation" di Michael Franti è la canzone dell'albo, il libro citato, lo legge un detenuto, è "Mucho mojo" del mio maestro e dio Joe R. Lansdale. Tutto il resto, come si suol dire, è noia.
Nel n.55 "Quando l'orrore è un rebus", Berardi & Calza con ai disegni Ernesto Michelazzo (alla sua seconda prova su Julia dopo il numero 46) ci imbattiamo in una serie di omicidi molto ben architettati. Un uomo decapitato in un luna park, un altro annegato in acquario sigillato, un terzo fulminato nelle docce di uno stadio di baseball, il tutto condito con messaggi enigmatici rivolti alle forze dell'ordine.
non potevo non mettere questa dal n.53 © Zaghi & SBE
Geniale l'epilogo, un po' meno il girare a vuoto dei nostri protagonisti che sbattono la testa sugli enigmi senza venirne a capo.

Il n.56 "Il corpo del reato" (Berardi & Mantero con ai disegni Piccoli e Zuccheri), ci presenta una vicenda complessa dove ancora una volta il finale salva tutto l'albo con un bel colpo a effetto. Un ragazzo confessa l'omicidio dei genitori la polizia non ne è convinta e Julia li aiuterà a scoprire la verità.

"Io con i miei studi, la mia professionalità, la mia capacità di analisi, ero finita spesso in televisione. Però non avevo nessuno con cui guardare i cartoni animati la sera. E ridere." [dal diario di Julia Kendall]

Siamo giunti al n.57 "I guerrieri", l'ultimo di questa sestina. In questo volume sceneggiato da Berardi e Mantero e disegnato da Enio durante una battaglia simulata con le armi da soft-air ci scappa il morto e Julia tra amici non tanto tali e parenti dovrà dovrà districare una matassa piuttosto ingarbugliata. Questo però non le impedirà di stringere amicizia con uno svampito artista che la aiuta nell'indagine.

Qui si conclude la prima parte degli albi del 2003, a presto con la seconda e ultima parte.
la mia copertina preferita delle sei © Marco Soldi & SBE

venerdì 24 marzo 2017

Glenn Cooper fa il Dan Brown

"Il segno della croce" di Glenn Cooper


Non  ho mai nascosto di apprezzare molto lo stile e le tematiche di Glenn Cooper, uno scrittore statunitense che a mio avviso è maestro nel documentarsi e nell'amalgamare con i risultati delle sue ricerche ottime intuizioni narrative, storie accattivanti e personaggi ben caratterizzati. Tuttavia l'impressione che gli manchi sempre qualcosa per passare da "buon scrittore" a "fottuto genio" rimane anche stavolta, il passo non è stato ancora compiuto. Temi a me congeniali e grande abilità nello scrivere sono sufficienti comunque a farmelo sempre leggere con molto piacere.

La storia. Cal Donovan, dovente di Harvard e scrittore si ritrova in Italia a indagare per conto della santa sede sulle presunte stigmate ricevute dal sacerdote Giovanni Bernardino. Si troverà ad avere a che fare con un gruppo di neonazisti sulle tracce di reliquie di Cristo come la lancia di Longino o i sacri chiodi della crocifissione di Gesù. 

Azione e storia, religione e nazismo si fondono in una vicenda incalzante e avvincente. "Il segno della croce" è un buon thriller, il suo punto di forza (e la sua debolezza) è l'essere troppo sullo stile di Dan Brown, deve molto a "Il codice da Vinci" o "Angeli e demoni", tematiche simili senza contare l'ambientazione italiana, il protagonista poi, è un Robert Langdon un po' più donnaiolo e amante dell'alcol ma ci siamo come linee guida. Chi ha amato le avventure di Dan Brown apprezzerà senz'ombra di dubbio anche quest'opera. Forse il finale è un po' semplicistico e artificioso, ma non ci metterei la mano sul fuoco, spesso sono io troppo delicatino e avvezzo a certe storie e pretendo sempre una trovata originale o a effetto.
Lodevole la descrizione dei luoghi e dei personaggi italiani che non sono le solite macchiette filtrate dagli occhi americani (mi viene in mente il fastidio provato a leggere "Il battito del sangue" di Tess Gerritsen, con una Venezia irriconoscibile da Napoli e zeppa di stereotipi poco onorevoli), Glenn Cooper è un grande conoscitore, e amante, dell'Italia e lo dimostra.

Sebbene nella mia classifica personale riguardante Glenn Cooper "Il segno della croce" venga dopo la trilogia della "Biblioteca dei morti" (che consiglio senza remore), l'ho trovata una lettura piacevole e divertente, ben lontana dall'accozzaglia di ovvietà e noia che si era dimostrato il suo ultimo romanzo autonomo "Il calice della vita". Consigliato.

Dello stesso autore consiglio anche:
 
 

martedì 21 marzo 2017

GIPI "questa è la stanza"

una storia di giovani, dove i protagonisti sembrano qualcuno che conosciamo da tempo


tutte le immagini © GIPI & Coconino press
 
Questo è il GIPI che preferisco, quello che parla di ragazzi, ragazzi di periferia che vogliono uscire dal loro limbo di anonimato e routine, magari "scemotti" ma che hanno la necessità di sfogare la voglia di vivere strabordante che hanno dentro.


La storia. Quattro ragazzi e la loro band, amici, con idee e vite, problemi e situazioni diverse, con famiglie ognuna a modo suo complicata (ma quale non lo è?!), si trovano a poter usufruire di una vecchia stanza per suonare. Quello diventa il loro piccolo limbo di libertà e sfogo assoluto, essere se stessi e urlare nel microfono o picchiare sulla batteria tutta la loro rabbia. La musica come aggregazione, crescita, modo per essere speciali agli occhi di un mondo che li vorrebbe su binari prefissati, catene sociali che quando si è ragazzi non si riesce ad accettare e che purtroppo agli occhi degli adulti sono ormai divenute necessarie per tenere a bada e soffocare la velleità di distinguersi dalla massa.
I ragazzi con i loro scherzi, le scemenze, i discorsi spesso stupidi o straordinariamente profondi, compiono un percorso di crescita in cui gli sbagli si rivelano parte integrante della vita ma non sono mai del tutto irrimediabili, e i valori, quelli veri finiscono per avere la meglio. Sotto questo punto di vista non solo una storia di crescita ma anche di speranza, nei giovani e nel futuro.
I ragazzi della storia sono dannatamente simili ad amici che avevamo da ragazzi e la sensazione di conoscerli meglio di quanto non ci dicano le tavole disegnate ci pervade silenziosa dall'inizio alla fine dell'opera.


I disegni. Il tratto di Gipi di "Questa è la stanza" è quello che preferisco. Molti avranno degli occhi la sua ultima fatica, "La terra dei figli", che ha uno stile che non sono riuscito ad apprezzare, forse funzionale alla storia ma troppo rozzo, altri le splendide copertine di "Orfani: Terra" giusto per citare le cose più recenti ma comunque agli antipodi l'una dall'altra per quel che riguarda l'approccio stilistico. In questa opera invece, sebbene datata 2005 nella sua prima edizione, l'artista è già al suo top per impatto visivo. Sono i colori a fare la differenza, essi portano le tavole a un livello d'eccellenza. Non a caso con "Questa è la stanza" ha portato a casa il premio Micheluzzi come miglior disegnatore nel 2006.



L'edizione. Lungi da edizioni pompose e fin troppo autoreferenziali o di formati extra-large di scomoda lettura, la Coconino Press - Fandango stavolta ha sfornato un'edizione perfetta (ho tra le mani la nuova edizione del 2015), un brossurato con ottimo cartoncino di copertina, 120 pagine in formato 17 x 24 cm e una resa ottimale dei colori. Diciassette euro il costo. Tanti? Pochi? Li vale tutti, c'è poco da rompere i coglioni. 


In conclusione è la mia opera preferita di Gipi, non credo ci sia altro da aggiungere.