lunedì 27 giugno 2016

Quella volta che King salvò Kennedy

22/11/'63

C'è molto più che il solo James Franco


“Non sappiamo mai su quali vite influiremo, o quando, o perché. Non finché il futuro divora il presente, almeno. Veniamo a saperlo quando è troppo tardi.”  [22/11/'63 - S. King]

Dopo il passaggio su Fox della miniserie tv è tornato alla ribalta il romanzo "22/11/'63" del 2011 del buon vecchio Stephen King con conseguente rilancio in libreria con copertina rivisitata. Del resto una serie tv decuplica le vendite, basta pensare al Trono di spade, quanti hanno preso i bei mattoni di George R.R. Martin spinti dall'idea delle tette di Daenerys e si sono trovati alle prese con una narrazione ostica, complessa e difficile da digerire anche per i più avvezzi al fantasy incasinato? Molti.
Sta di fatto che la serie è fatta molto bene, è godibile e adatta bene il romanzo alle necessità televisive, checché se ne dica, dalla carta allo schermo la troppa fedeltà può essere deleteria. James Franco è davvero un gran figo (e pure un bravo attore!), uno dei pochi che col suo stile e il suo sorriso disarmante piace in maniera trasversale sia al pubblico maschile che femminile. Tuttavia la serie tv non mostra che la punta dell'iceberg di quello creato da King.
La storia è semplice e risaputa, Jake Epping dai giorni nostri torna alla fine degli anni '50 per sventare l'assassinio di J.F. Kennedy, King non è il primo a raccontarla (ricordo con piacere "Seppelliamo re John"  del 1973 di Pierfrancesco Prosperi), ma è senz'ombra di dubbio il migliore. Se Stephen King rende al meglio quando crea un romanzo corale, raccontando le vicende di un paese intero con tantissimi personaggi (Cose preziose o The dome) qui modifica un po' il tiro: tutto è incentrato sul protagonista ma crea un affresco storico di immane coerenza, con una meticolosa verosimiglianza e una potenza narrativa che non ci fa vedere com'era la fine degli anni cinquanta in America, ci porta direttamente lì. Di rado inoltre, anche per le opere del re, ci siamo trovati così a fianco del protagonista a vivere la storia, Jake Epping è un uomo dei giorni nostri in un tempo che non è il suo, che vede le vicende con gli occhi di un nostro coetaneo, per il lettore non immedesimarsi con lui è quasi impossibile. E' questo il valore aggiunto del romanzo.
Non siamo di fronte, si badi, a un Ritorno al futuro, sebbene di primo acchito a leggere la trama si può incappare in questo errore, la storia è adulta, concitata, a volte crudele, ma mai banale.
Ora, l'autore è uno dei miei preferiti, trovo l'omicidio di JFK tra i fatti storici dello scorso secolo di maggiore interesse, ho la fissa delle storie con  viaggi nel tempo (si chiama anche fantascienza ma non ditelo troppo forte, è da sfigati, anche il tanto famoso Hunger Games è fantascienza ma per non affibbiargli tale nomea hanno puntano sul sottogenere distopico), tutto questo falsa il mio giudizio? Non lo so e me ne frego. 22/11/'63 è uno dei migliori romanzi di Stephen King e tanto mi basta.

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Una foto pubblicata da Michele Botton (@michele_botton) in data:



"22/11/'63"
di Stephen King
trad. Wu Ming 1
2011 - Sperling & Kupfer
767 pagine
€23,90 (cartonato)/€15 (ver.Pickwick)


“Quando tutto il resto fallisce, 
lascia perdere e vai in biblioteca.”
                      [22/11/'63 - S. King] 










mercoledì 22 giugno 2016

L'estate della giovinezza di Murakami

Vento & flipper

Ascolta la canzone del vento e Flipper, 1973 due romanzi di Haruki Murakami


"Dopo tanto tempo, sentivo il profumo dell'estate. L'odore di salsedine, i fischi lontani delle navi, la sensazione della pelle di una ragazza, l'aroma del suo balsamo per capelli, il vento della sera, le profonde speranze e i dolci sogni insensati..."   [Ascolta la canzone del vento - H. Murakami]

Strano che la Einaudi si sia lasciata scappare l'occasione di far uscire i due primi romanzi (seppur brevi) di Murakami singolarmente. Le storie sono però strettamente legate, l'una il seguito dell'altra, ma a conti fatti sono legate anche a Sotto il segno della pecora, suo terzo romanzo, che dopo la lettura di questi  due mi è parso più chiaro, grazie a una visione d'insieme più corretta.
Le storie proposte parlano di quotidianità e di niente(!), i personaggi vivono un presente spensierato come solo i ventenni (degli anni passati) sanno fare.
Due romanzi che si leggono in una stanza dove la luce filtra soffusa dai balconi accostati l'un l'altro, con la pelle appiccicosa dall'afa di un luglio spietato, con California Girls dei Beach Boys come sottofondo musicale. Le storie sono rozze, spezzettate, sconnesse, fuori dal tempo. Un Murakami lontano da quello che conosciamo, non ci sono le emozioni di Norvegian Wood né la lucida e coerente assurdità di 1Q84. Il ritmo e la leggerezza sono sempre i suoi, con il suo simbolismo e i temi che predilige, eppure pare di avere di fronte un insieme di immagini piuttosto di qualcosa che scorre uniforme. Due romanzi che lasciano un retrogusto di leggerezza, di tempi passati che non torneranno, di chiacchiere futili seduti su panchine in serate estive. Sanno di melone, di birra svampita in lattina, di polvere che ti si infila tra le dita dei piedi quando cammini in ciabatte per una stradina di sassi. Sanno di fine dell'estate della vita, di giovinezza e malinconia. Sanno di Murakami.

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Sempre di Murakami ho recensito anche: 1Q84


Una foto pubblicata da Michele Botton (@michele_botton) in data:




"Vento & Flipper"
di  Haruki Murakami
trad. Antonietta Pastore
2016 - Einaudi
229 pagine
€19,90

"I guai cadevano dal cielo come la pioggia,
noi li raccoglievamo trasognati
e ce li cacciavamo in tasca."    [Flipper, 1973 - H. Murakami] 








sabato 18 giugno 2016

Nathan Never - La saga dei Borg... ops... dei Tecnodroidi

La saga dei Tecnodroidi [Nemo]

Retrospettiva fumetti: Nathan Never Gigante 1,2,3 (1995,1996,1998)


dalla mia collezione, il Nathan Never disegnatomi da Mario Alberti
Era da tanto che volevo occuparmi di Nathan Never, sta di fatto che da poco è arrivato in edicola il numero 300 e sono in atto i festeggiamenti per i venticinque anni di vita della testata, questo mi metteva davanti a una mole immane di volumi che tra serie regolare e spin-off si avvia verso i 600 albi. Tralasciando la serie di Legs che non mi ha mai esaltato (tranne pochi numeri), complice anche il fatto che hanno un po' snaturato il personaggio per attrarre un pubblico più giovane e alleggerire una protagonista coi così tosta è un delitto; nonché hanno usato la serie come palestra perché si facciano le ossa nuovi sceneggiatori e disegnatori. Mi sono in ogni caso trovato davanti una bella scelta, mi sarebbe piaciuto fare una retrospettiva su tutta la serie regolare, ma lo sto già facendo con Julia e 300 numeri sono tantini, inoltre volevo qualcosa che avesse un inizio e una fine. La saga dei Tecnodroidi, era perfetta per lo scopo, nonché la mia preferita di sempre di Nathan Never.dd

Ora a voler proprio essere pignoli questa trilogia è strettamente legata alla serie regolare e le avventure dei protagonisti proseguono anche negli altri albi giganti, tuttavia come afferma lo stesso autore Antonio Serra la storia è nata per essere fruibile e chiara a sé stante, e lo è! Tutto è incasinato in maniera assurda e tutto viene spiegato e trova una soluzione con una chiarezza spiazzante alla fine del terzo albo. Una prova narrativa di sublime coerenza, tenuto conto che è stata scritta e pianificata in anni e collegata alla serie regolare. Ottimo punto di partenza anche per nuovi lettori, anche se le informazioni che ci bombardano nella lettura sono molte e uno che non è avvezzo alle storie di Nathan Never potrebbe metterci un po' a digerirle, nonché partendo con una delle storie migliori si può avere lo svantaggio di restare forse delusi da storie seppur buone che però sfruttano solo le cento pagine della serie regolare. Scrivere tutto questo non è stata una passeggiata, ma l'onere di rileggere i primi tre giganti mi ha fatto tornare indietro nel tempo dandomi per l'ennesima volta grandi soddisfazioni.
© Sergio Bonelli Editore / Roberto De Angelis

Mi pare opportuno fare una piccola premessa sul personaggio. Ora se non sapete manco chi è sparatevi in testa, dopo che lo avete fatto girovagate un po' per la rete sul sito Bonelli o su Wikipedia oppure, cosa migliore, andate in edicola e prendetevi un albo. Il primo numero dell'agente speciale Alfa vede la luce nel 1991 per mano di Michele Medda, Antonio Serra e Bepi Vigna. Nathan Never è si presenta subito come il più moderno e "americano" dei fumetti Bonelli, per la prima volta infatti abbiamo una continuity molto importante che ci regala un personaggio, dei comprimari e un mondo in continua evoluzione, ciò che accade ha conseguenze ben delineate, personaggi muoiono, l'ambiente cambia. Abituati a personaggi Bonelli eterni e sempre uguali è un salto che non si può che amare e ammirare, una innovazione necessaria (ah se lo avessero fatto anche in Dylan Dog!). Questo magari ha portato a periodi più o meno amati nella serie, ma gli autori hanno sempre saputo aggiustare il tiro tenendo la serie, soprattutto negli ultimi anni a livelli davvero ottimi.
Il protagonista inoltre ha il background più complesso mai visto in un fumetto italiano. Never è un duro e puro, uno tormentato, un uomo giusto dal passato ingiusto che grava sulla sua coscienza con il suo fardello di errori che non verranno mai accantonati ma che anzi sono parte integrante della sua forza. Basti pensare solo che prima di essere prelevato da un tempio Shaolin dall'agenzia per la quale diventerà l'agente migliore ha un passato nella fanteria dello spazio quindi nella polizia, è stato sposato con Laura e ha una figlia Ann. I suoi capelli sono divenuti bianchi per lo shock di vedere la moglie morta per mano di un criminale, Ned Mace, mentre lui si sollazzava con l'amante, nonché la figlia dopo essere stata rapita dallo stesso simpaticone gli torna catatonica e autistica. Vicende ri-narrate nella recente Anno Zero, di cui parlerò una volta conclusa.


Nathan e Ann © SBE / Roberto De Angelis
Il Gigante n.1 "Doppio futuro" esce nel febbraio 1995, dopo appena 45 numeri di serie regolare e un anno e mezzo di lavorazione da parte di Antonio Serra con alle chine il disegnatore di Nathan Never per antonomasia, ovvero Roberto De Angelis.Subito Serra mette le mani avanti citando fonti di ispirazione, oltre alle ovvie Blade Runner, Terminator, Alien, i romanzi di Asimov e Verne, pietre miliari e punto di partenza obbligato per chi inizia con la fantascienza da leggere. Io ammetto al tempo feci esattamente lo stesso percorso, furono proprio questi due autori ad aprirmi un mondo che non ho ancora abbandonato e che anzi mi ha dato più di qualche soddisfazione, il mio primo romanzo, "Pink Future", è non solo un thriller futuristico ma parla di viaggi nel tempo, inevitabile quindi che la storia di questi tre giganti sia la mia preferita! La passione di Serra per le storie di Verne avrà poi il suo apice quando creerà la miniserie Greystorm (in edicola nel 2009), altro personaggio tra i più atipici e innovativi per la Bonelli. Nell'introduzione si cita pure un romanzo meno famoso, che ho recuperato in questi giorni e che mi incuriosisce molto, "Sparate a vista a John Androki" (QUI la mia recensione)di Jeff Sutton uscito per gli Urania Mondadori (collana che ha reso la fantascienza popolare in Italia e che l'ha anche relegata a letteratura dozzinale, ma di questo un giorno parlerò approfonditamente). Fondamentale anche la saga di Star Trek (il volume è dedicato al suo creatore, Gene Roddenberry) con i Borg a cui i Tecnodroidi, esseri ibridi biomeccanici, uomini e macchine al contempo, collegati in rete a formare un unico individuo e un'unica coscienza, pescano a piene mani.  Visivamente i Tecnodroidi ricordano tante cose, perché la base è l'arte di H.R. Giger artista che ha dato le forme ai protomorfi di Alien (e alla creatura del film Species - specie mortale, ma non bisogna essere anacronistici perché il film è del 1995 e il lavoro sul volume è iniziato nel 1993), nonché anche il MazinSaga di Go Nagai (sempre citato da Serra) ha influito la sua parte gli autori nello sviluppo grafico. Passiamo alla storia, un casino davvero delizioso. La vicenda si svolge in tre periodi temporali diversi.
il messaggio della speranza © SBE / Roberto De Angelis
Futuro - Impazza la battaglia finale sulla terra tra umani [guidati da Dakkar (come si fa chiamare Ann Never), C-09, Gabriel e Link] contro i Tecnodroidi [capeggiati da Lucifero (ma dai, un nome a caso per il cattivo), e i suoi tre sottoposti Talos, Bhahl (creato appositamente per contrastare Gabriel) e Selena, un personaggio talmente tosto che piace per forza]. Gli umani sono in procinto di vincere anche perché spinti da un messaggio dal passato che infonde loro speranza e coraggio e che quando i Tecnodroidi sentono rimangono basiti e impauriti. Scena che mi ricorda molto quando in Macross (Robotech in Italia) gli alieni invasori Zentradi sentono una canzone d'amore e ne rimangono spaventati a morte. Gli anime giapponesi sono un altro indubbio punto d'ispirazione di Nathan Never, tanti rimandi a Gundam e al capolavoro per eccellenza Akira (anime e manga) di Katsuhiro Otomo. E a proposito di anime, i polizziotti nella serie hanno un abbigliamento simil Dreed eppure mi torna in mente anche Bryking, il cattivo di Kyashan il ragazzo androide; le tute protettive dei terrestri durante la battaglia poi mi paiono le battle siut dei Saiyan di Dragon Ball. I Tecnodroidi decidono di mandare indietro nel tempo due sicari per uccidere l'artefice del messaggio, che se si chiamasse Sarah Connor ci ricorderebbe qualcosa.
Presente - Never deve occuparsi dell'incolumità di uno scienziato, manco a dirlo, quello che i due terminator sono tornati indietro nel tempo per uccidere. Questo si rivela come Amim Kelvar e viene da un futuro lontano e remoto, dopo che i tecnodroidi sono stati sconfitti, lui e la sua astronave sono in cerca di altri mondi abitati e trovano una anomalia temporale, giusto quella che lo ha portato lì. Da lui veniamo a conoscenza delle future evoluzioni dell'uomo con gli homo super sapiens e gli ultra sapiens. Alla fine Nathan lo salva, dopotutto non poteva affidarsi a mani migliori, e questi prepara il messaggio da lasciare ai posteri prima di  tornare nel suo tempo. L'agente speciale Alfa integra il messaggio con le sue personali parole per la figlia Ann/Dakker, e saranno proprio il suo monologo quello fondamentale per gli uomini del futuro.
Il volume si chiude con la vittoria degli umani e con Selena che scompare nella macchina del tempo, preludio al secondo gigante.
Che dire, una storia epica che finisce anche con un epilogo che graficamente mi pare un chiaro omaggio a Moebius.


© Sergio Bonelli Editore / Mario Alberti
© SBE / Mario Alberti
Forse il Gigante n.2 "Odissea nel futuro"  è il meno denso e il più lineare dal punto di vista della storia ma il grado di drammaticità si innalza ulteriormente. Antonio Serra nell'introduzione parte con una citazione da "Il mondo perduto" di Michael Crichton sull'evoluzione, addirittura più attuale oggi che allora, l'albo è del novembre 1996, per poi illustrarci le fonti di ispirazione che vanno dal classico "20000 leghe sotto i mari" di Jules Verne, a "Il castello dei destini incrociati" di Italo Calvino, a "Quel che resta del giorno" di Kazuo Ishiguro. A livello grafico punti di riferimento e rimandi a Hokusai (le sue onde sono pure nella copertina, la mia preferita delle tre), Virgil Finlay e Magnus. Ai disegni questa volta Mario Alberti, altro pilastro al tempo di Nathan Never, autore gentilissimo che ho conosciuto a Rovigo Comics quest'anno, nella pagina il disegno che mi ha fatto in quell'occasione e che ora è un pezzo forte della mia collezione. Nel volume l'influenza degli anime (e manga, ma non vorrei essere di nuovo anacronistico visto che al tempo i manga dovevano ancora invaderci) cresce ancora e c'è tanto Giappone anche nelle ambientazioni. Io ovviamente apprezzo molto.
Veniamo alla storia. Antico Giappone (eh per forza!), è giusto qui che è giunta la simpaticona di Selena dopo aver viaggiato nel tempo, tuttavia i suoi poteri sono limitati, infatti al tempo dei samurai la tecnologia latitava... La sexy mezza-ragazza-di-metallo inizia a creare Tecnodroidi ma viene fermata da tre tizi (Satoru, Jin e Yoshihiro) che hanno poteri sovrannaturali, Selena scompare (in un telefonato vortice temporale) e loro decidono di prepararsi a una futura guerra contro quegli strani esseri. Viene finalmente nominato Neos, ossia il primo Tecnodroide, nato da genitori umani (nella serie regolare) e successivamente esiliato nello spazio assieme ai suoi simili.
altra citazone "Il mio vicino Totoro" di Hayao Miyazaki
© Sergio Bonelli Editore / Mario Alberti
altra citazione, nave in perfetto stile Musai di Gundam
© Sergio Bonelli Editore / Mario Alberti
Futuro. Susan Strong viene salvata da dai Tecnodroidi da Nemo (clone di Nathan Never) e tratta a bordo del Nautilus, il suo sommergibile che poi diverrà anche astronave. Ora, seppur i nomi riportino all'opera di Jules Verne qui abbiamo proprio il Capitan Harlock a bordo della sua Arcadia, lui solitario e duro come l'acciaio, ha attorno solo Link e Kaede; la forma del Nautilus poi non lascia dubbi. Kaede è la figlia di Satoru e Jin e anche lei ha i poteri dei genitori, nonché è sputata a Lady Miyako di Akira di Katsuhiro Otomo. Sarà Kaede che racconterà a Susan Strong, e ai lettori, com'è stato creato Nemo, della morte di C-09, del fatto che Gabriel non si sia più svegliato dal suo sonno dopo una battaglia e della scomparsa di Ann. Alla fine la base in stile Jurassik Park di Nemo e compagnia viene attaccata dai Tecnodroidi (dopo la dipartita di Lucifero sono guidati da Neos dallo spazio) e Selena, fatalità torna dal viaggio nel tempo. I nostri eroi vincono e scoprono che Ann è sì viva, ma è divenuta anch'essa una Tecnodroide.
Kaede © SBE & Mario Alberti / Lady Miyako da Akira© Katsuhiro Otomo
Un finale a effetto degno de "Impero colpisce ancora", tutto in funzione dell'ultimo numero della trilogia che spiegherà tutte le cose lasciate in sospeso? Certo.


Siamo così giunti alla fine che poi si rivela un inizio. Nell'introduzione al Gigante n. 3 "Un nuovo futuro" Serra esordisce con un bel "Mai più" perché non intende più cimentarsi in un'impresa titanica come quella di creare una storia come quella dei primi tre giganti. La citazione di rito va a Banana Yoshimoto con il suo "Amrita", eh sì un'altra giapponese. Ai disegni ennesimo cambio, abbiamo Luigi Simeoni (sua è la copertina del volume) e Giancarlo Olivares (altro storico disegnatore di Nathan Never), che ci offrono parecchie tavole composte da una sola vignetta enorme, molto evocative. L'attesa per il volume conclusivo che esce nel febbraio 1998 è alta, le aspettative alle stelle, ma se qualcuno temeva di rimanere deluso verrà smentito alla grande, "Un nuovo futuro" chiude tutte le sottotrame lasciate in sospeso, tutto viene spiegato, il cerchio (e mai parola fu più appropriata) si chiude, o si riapre, dipende dai punti di vista.
Futuro (2282 nuova datazione, aggiungendo 78 anni si ottiene la datazione nostra ovvero 2360), Amim e gli altri che abbiamo conosciuto nel primo gigante entrano nella spirale spazio-temporale, qui Daro, l'ultra sapiens, capisce che per vari motivi il tempo è chiuso in un cerchio e le azioni delle persone portano sempre allo stesso punto, in un ripetersi continuo di eventi con conseguente morte del libero arbitrio. Decide di sbrigliare questa sorta di Uroboro eterno e per farlo, per spezzare il cerchio va da Nathan Never. E da chi altri poteva andare?!
© Sergio Bonelli Editore / Luigi Simeoni
Intanto in un futuro un po' meno futuro, nel 2195 nuova datazione, continuano gli scontri tra gli umani e Neos, Gabriel non si è ancora svegliato dal suo sonno e Nemo è un po' meno Harlock grazie all'amore di Susan Strong che oltre alle abilità come condottiera in battaglia deve averne anche altre di abilità per sciogliere il musone di Nemo. Punto focale della battaglia gli antinanoidi creati grazie al viaggio nel tempo di Selena (già, ancora lei) che possono uccidere i Tecnodroidi.
Nel frattempo (ma che cazzo, coi viaggi nel tempo non si sa mai che complementi di tempo usare) nel presente Daro e Nathan sbrogliano il tempo (ecco, appunto), infrangono il loop di eventi destinati a ripetersi in eterno e donano all'universo la facoltà di scegliere il proprio destino. A dirla così è un casino immane ma a leggerla è di una chiarezza che, come narratore, invidio.
Nel tripudio di trionfo del bene finale Nemo sconfigge i Tecnodroidi, Gabriel decide che è ora di svegliarsi, lo salva e poi prende per manina Neos, sua nemesi, e decidono allegramente di trasformare Giove in un nuovo sole per permettere la vita nei satelliti vicini (un po' azzardata a livello scientifico sta cosa, ma lasciamo correre). Ann ormai è e resta una Tecnodroide e assieme a Selena e ai suoi nuovi simili sopravvissuti sceglie di fondare una pacifica colonia nello spazio piuttosto per tornare dal papino.
dal Gigante n.3 ©SBE

Il finale è servito e la serie regolare liberata da un ingombrante futuro già scritto, la storia di Nathan Never e quella di Nemo divengono universi diversi e posso altresì prendere strade ben diverse, come infatti è accaduto. Nemo tornerà nei volumi Giganti successivi, ma non sarà più la stessa cosa, i picchi raggiunti da questa trilogia non verranno mai avvicinati, almeno in questa collana che troverà la morte col numero 16 vittima anch'essa della quasi completa estinzione di tutti i volumi giganti in casa Bonelli che mieterà vittime anche del calibro di Dylan Dog. Purtroppo gli albi giganti sono ingombranti e visto che la qualità che è pari a quella degli altri albi regolari, sono più soggetti al deterioramento che i volumi più piccoli, il prezzo, solo di poco superiore ai maxi non può essere determinante per la morte di una collana. O forse sì, visto che i lettori Bonelli spesso questionano su prezzi ben più bassi della concorrenza senza riflettere sul lavoro che sta dietro alla creazione di un fumetto.
In questa lunga analisi non sono riuscito a fare critiche pungenti o sarcastiche come mio solito, ma la Saga dei Tecnodroidi merita davvero, vorrei vederla ristampata in volumi cartonati di grande formato, come quelli che sforna adesso la Bonelli in libreria/fumetteria, lo meriterebbe sul serio. Magari a colori, li coloro personalmente pure, mi offro volontario. E 'fanculo a chi dice "io ce li ho già, è una operazione commerciale" e compagnia bella. Ci sono storie che meritano un posto d'onore e un'edizione coi controcazzi. Questa è una di quelle.
panoramica stile Blade Runner © Sergio Bonelli Editore / Luigi Simeoni & Giancarlo Olivares


giovedì 9 giugno 2016

2001 Odissea a Garden City (parte prima)

La posta in gioco si alza

Retrospettiva fumetti: Julia n. 28,29,30,31,32,33 (2001)


Un paio di cartucce a salve ma anche un paio di bombe belle grosse, un sestetto di albi in cui si tentano nuove vie, con risultati a tratti spettacolari, con qualche passo falso, ma sempre con storie che si fanno leggere molto bene.

la copertina del n. 28 © Marco Soldi & SBE
"L'abitudine alla morte mi spaventa, la sento come una rinuncia ad apprezzare il valore dell'esistenza. E la sensibilità è un bene prezioso, soprattutto in un lavoro come il mio." [Julia Kendall]

Partiamo con un albo il cui tema portante avrebbe meritato ben più ampio respiro, il n.28 "La morte invisibile". L'argomento trattato è parecchio interessante: un borseggiatore ruba a sua insaputa un letale virus che potrebbe sterminare l'intera popolazione di Garden City. Berardi e Mantero (con i disegni di Enio) creano una storia di caccia all'uomo che ha probabilmente il punto di forza che non sono solo i buoni a cercare il virus ma anche dei criminali, che si lasciano dietro una poco velata scia di sangue. A mio avviso, una storia con un'arma biologica avrebbe meritato un approccio diverso, più spettacolare e complesso, ma forse sono anche condizionato dalle serie tv recenti con argomenti similari. Julia fa la sua parte, anche se solo nel finale è parte attiva nella vicenda.

dal n.29 © SBE - Campi & Zaghi
Da una storia raccontata con leggerezza a una dura e cruda come ce n'erano mai state. Nel n.29 "Il ritmo nel sangue" al lettore arriva un bel pugno nello stomaco molto forte. Un gruppo di ragazzi (una biondina e quattro ragazzi di colore, tutti che arrivano da ambiente familiare e quartiere difficili) irrompe in una villetta e uccide con efferata crudeltà e senza il minimo motivo o scrupolo un'intera famiglia. Omicidio, stupro, rapina, tutto con l'indolenza di chi non sa distinguere il bene dal male. Se la storia piuttosto che essere del 2001 fosse stata ambientata ai giorni nostri non sarebbe mancato il riprendere tutto con i telefonini, una storia di una attualità disarmante. Un argomento forse più attuale oggi che allora: l'incapacità dei giovani di capire il confine invalicabile tra la bravata e l'atto criminoso. I disegni di Thomas Campi e Roberto Zaghi funzionano alla grande in un numero davvero zeppo di qualsiasi cosa: storia, retroscena, citazioni, ci sono talmente tanti elementi che se la vicenda si fosse dipanata in 200 pagine anzichè le canoniche 130 non ci sarebbe niente da dire. L'analisi di Julia e gli indizi lasciati indietro dagli stolti ragazzi portano subito le indagini verso la giusta via, ma sono più i rapporti tra i membri della gang che colpiscono: ognuno di loro infatti ha specifiche caratteristiche ben evidenti grazie al lavoro di autori davvero in stato di grazia. Se all'inizio infati abbiamo una "Arancia meccanica" per il crimine, poi ci ritrovimo ne "Il signore delle mosche" per i rapporti tra i giovani criminali. Finirà tutto in un massacro, il gruppo braccato pian piano si sgretola e il capo farà fuori tutti i suoi sottoposti prima di togliersi la vita una volta faccia a faccia con la polizia. Vile fino alla fine. Si salverà solo la biondina, ragazza del leader, la classica che per fare la figa ed essere speciale si aggrega alla gang di fratelli dalle brutte intenzioni, attuale al massimo anche questa situazione. Pure troppo.
dal n.29 © SBE - Campi & Zaghi
La storia lascia un sapore amaro, nè di giustizia, nè di giusta punizione ai cattivi. Una storia che sa di vero.
E non basta il siparietto, per quanto spassoso, di Webb che telefona a Julia mentre stira in mutande solo soletto a casa propria, per allontanare la tensione e il senso di disgusto dal lettore.
Musicalmente si notano cd di Vivaldi, Nat King Cole e Charlie Parker nella casa delle vittime; i ragazzi ascoltano "Nothing to loose" di 2Pac e Julia suona al piano e canta (!) "Let it be" dei Beatles.

 © Sergio Bonelli Editore
Immagino che il n.30 "Nel paese di Alice" sia piaciuto a molti, a mio avviso è un bel numero con una forte pecca. Intanto torna dopo il numero 8 "Le montagne muoiono" ai disegni Giorgio Trevisan e ci regala ancora una volta una prova davvero coinvolgente: rende in maniera perfetta ed evocativa il degrado e la povertà della famiglia e del quartiere dove si svolgono i fatti, visi espressivi, ambienti opprimenti e palpabili. La storia: una bambina muore avvelenata da delle caramelle all'arsenico che trova dentro un bambolotto. Le bambole, appunto, assumono un ruolo molto importante nei sogni di Julia e la accompagnano a "risolvere il caso". Proprio questa fase onirica è quella che mi va meno giù, la storia starebbe benissimo in piedi senza e perde di pathos in queste scene, gli autori depistano le attenzioni del lettore in maniera magistrale verso l'edicolante della zona e 'ste bambole finiscono per alleggerire troppo una storia adulta, cruda e drammaticamente perfetta.
Anche sul versante privato dei personaggi non si scherza, torna Norma (la sorellina figa, tossica e un po' troia di Julia) e questa senza indugio dà una ripassata a Webb che non si tira certo indietro e mi sa che pure Webb si chieda come fanno a essere sorelle: una fica-di-legno e l'altra così vispa... Basterà questo a far capire a Julia che Alan conta per lei in maniera diversa da un amico? Dubito. Di sicuro, pur non avendone il diritto, è parecchio seccata e Webb nel finale dell'albo (quando la sorellina minore ha preso nuovamente il volo) la chiama per fare "pace" e chiarirsi. Come faccia poi la Kendall, rigida e inquadrata com'è, ad accettare che Norma si buchi non lo so, questa proprio è una cosa inconcepibile. Mah...


dal n. 31 © Sergio Bonelli Editore & Zuccheri
E siamo al n.31 "Ucciderò" della ormai consolidata coppia Berardi/Zuccheri. La storia è semplice, un uomo telefona a Julia confidandole che ucciderà qualcuno, lei avvisa la polizia e cercano di prenderlo. Semplice ma non banale, la vicenda è piacevole e l'aspirante omicida talmente ben caratterizzato e sprovveduto da risultare per certi versi pure simpatico. Questa caccia all'uomo resta però di contorno alla vera storia che è nel privato di Julia, infatti conosce un uomo che le piace, un certo Chester Wayne (e già qui non ci siamo, ragazze, può piacervi solo un Wayne a 'sto mondo e si chiama Bruce!). Il tipo sembra una brava persona ma è da sbregarsi dal ridere quando Emily scopre che Chester è di colore ed escalma: "Cosa? Un nero in questa casa?!?"
© Sergio Bonelli Editore& Laura Zuccheri
Resta comunque un numero pieno di spunti e citazioni, Julia canta "Moon river", cantata da Audrey Hepburn in "Colazione da Tiffany". E viene citato il fumetto "Black City", una serie poliziesca con la protagonista che è sputata a Julia. Black City era la prima scelta, poi scartata, per il nome della serie della nostra criminologa.

Nel n.32 "L'uomo ombra" torna ai disegni Claudio Piccoli dopo "Kidnapping Express"(what else?) e di nuovo per lui un albo ricco di azione. Julia è in vacanza in montagna, si dedica allo sci e in un paio di giorni impara discretamente a sciare (dovrebbe essere a pezzi in quanto novizia, ma sorvoliamo) e conosce un baldo giovine. Tutto nella norma finchè lui non sparisce e nè nell'albergo nè in paese nessuno l'ha mai visto, nemmeno in compagnia di lei. Si è sognata tutto? Storia alla Dylan Dog? Tutto le sarà più chiaro quando verrà rapita. Una storia che mette in pausa la classiche vicende della serie ma che, dopo quasi tre anni di pubblicazione, ci sta.
dal n. 31 © SBE & Zuccheri
Appunti: Julia con berretto, tuta e occhiali in testa passa da sosia di Audrey Hepburn a sorella gemella di Catwoman. Nella hall dell'albergo suona "notturno in do#minore" di Chopin e in camera legge "Grandi Speranze" di Charles Dickens oltre che ad avere sul comodino "Mattatoio n.5" di Kurt Vonnegut, "Voglia di ammazzare" di Vittorino Andreoli, uno di Talmage Powell e la biografia di Jim Thompson di Robert Polito.

Ultimo per oggi è il n.33 "Tutti gli uomini di Lopez" dove debutta nella serie Mario Jannì. Non l'albo migiore per chiudere la sestina... di piacevole lattura ma in quanto a sospensione dell'incredulità siamo proprio rasenti allo zero. Dei criminali prendono in ostaggio un ufficio postale, in cambio chiedono la liberazione di un malavitoso e 100.000 $ (solo?). In realtà il tutto è un artificio per penetrare nella prigione e mettere in atto una fuga coi fiocchi. Fino a metà l'albo incuriosisce parecchio, il ritmo serrato mette in ombra lacune che però vengono presto a galla e la storia finisce per perdere verosimiglianza. Oltretutto essendo ambientata in America, sebbene prima dell'11 settembre, non credo sia un gioco così da ragazzi prendere per il naso la DEA. Julia ci mette pure del suo per rendere l'albo ancora più surreale, in cinque minuti capisce come si pilota un elicottero e lo fa pure schiantare sull'aereo dei fuggitivi per impedirne il decollo, uscendone indenna. La chiacchierata finale col "cattivo" poi sa di scemenza lontano un miglio.
Musicalmente abbimo "Ramblin'on my mind" di Robert Johnson.
Stavolta non vi lascio il beneficio del dubbio, questo è il primo numero di Julia in cui l'hanno fatta ben fuori dal vaso. A presto.
languorini notturni per Julia - sempre dal n. 31 © SBE & Zuccheri


venerdì 3 giugno 2016

Julia 2K (parte seconda)

Camminando sopra un treno come Indiana Jones

Retrospettiva fumetti: Julia n. 22,23,24,25,26,27 (2000)


la copertina del n. 24 © Marco Soldi & SBE
Seconda e ultima parte degli albi dell'anno 2000. La serie prosegue mantenendo un livello piuttosto alto e, quando le situazioni magari sono già state affrontate in numeri precedenti, tiene viva l'attenzione con ambientazioni anomale. Un rapimento si era già visto, ma non con rapitori e Julia bloccati su un treno, così come un omicidio, ma non all'università dove insegna la nostra eroina. Piccoli escamotage quindi ma funzionali alla serie.

"Ultimamente stento a riconoscermi. Mi sembra di stare sospesa a mezz'aria. Forse un po' di apatia o forse semplicemente il fatto che dormo da sola da troppo tempo." [dal diario di Julia]

la Julia di Roberto Zaghi
dal n. 22 ©Sergio Bonelli Editore

Partiamo col n.22 "Quest'urlo che tace". Un barbone viene investito da un'auto e muore, si scopre però che era stato avvelenato, dato che tale senzatetto stava già morendo per una malattia incurabile si pensa che il colpevole sia un mercy murder. Un omicidio per "pietà", a opera di un vero e proprio serial killer che decide di fare del bene a delle persone aiutandole a morire (detti angeli della morte, angel of mercy in criminologia). In genere il luogo ideale per tali atti è un ospedale, dove è più facile fare passare i decessi per naturali o per complicanze dovute a malattie già gravi o terminali. Questi sono serial killer piuttosto interessanti, anche perché spesso molto difficili da individuare e mossi più che dal piacere dell'omicidio o da malsane pulsioni, da una vera e propria, almeno a loro avviso, missione a fin di bene.
Julia durante le indagini si trova a frequentare gli ambienti dei senzatetto, e in particolare uno che sembra sputato a Drugo del Grande Lebowski dei Coen. Questo si presenta rubandole la borsa e lei piuttosto serena se lo porta a casa, gli dà da vestire, da lavarsi e da mangiare e lui recidivo continua a volerla fregare. Adesso, già per avermi rubato la borsa io gli avrei sfondato il cranio, giusto anche per tirargli fuori dalla testa di prima mano le informazioni che mi servono, ma si sa, Julia ha i suoi metodi e a conti fatti raggiunge lo scopo. La storia è abbastanza intrigante ma il vero lato positivo dell'albo è il debutto nella serie del disegnatore Roberto Zaghi (che ricordavo con piacere da Zona X), uno dei miei preferiti dell'ampia scuderia della criminologa. Il tratto di Zaghi infatti dona freschezza alle pagine con figure più dinamiche ma soprattutto ha un tratto moderno che lo distingue dai colleghi che l'hanno preceduto. Spesso infatti nei 21 numeri antecedenti gli artisti si erano un po' uniformati allo "stile Julia", preferendo continuità grafica a una caratterizzazione personale (che avevano dato veramente solo Roi, Trevisan e Toppi). Questa svolta darà i suoi frutti con calma più avanti, ma il seme del ringiovanimento grafico e della modernizzazione del tratto hanno avuto inizio qui.
"One" degli U2 è la colonna sonora citata nella storia.

dal n. 23 ©Sergio Bonelli Editore
Nel n.23 "Ore sospese" il trittico Berardi, De Nardo e Mantero si affida ai disegni di Luigi Siniscalchi. La vicenda inizia in maniera totalmente anomala con un uomo che vuole buttarsi da un palazzo. Julia chiamata da Webb dapprima tenta di fare ragionare l'uomo ma poi decide che solo capendo cosa lo ha portato lì potrà aiutarlo. Supportata da Baxter frugherà nella vita dell'individuo fino a scoprire che il personaggio ha un background molto peculiare. Durante tutto l'albo abbiamo un critica tutt'altro che velata di Berardi alla società che aspetta speranzosa la tragedia, infatti viene dato parecchio spazio alla deplorevole scena della moltitudine di persone che attendono con ansia che il poveretto si butti dal palazzo per vedere una sana morte in diretta.

Il n.24 "Kidnapping Express" (Berardi & Mantero con ai disegni Claudio Piccoli & Alberto Macagno) è l'omaggio della serie al classico giallo sul treno (il più famoso su tutti è "Assassinio sull'Orient Express" di Agatha Christie) anche se qui non abbiamo un omicidio, bensì un rapimento di una bambina. Il tutto parte in maniera molto artificiosa, con Julia che per tornare a Garden City causa neve e blocco dei voli sceglie il treno. Se riusciamo a sorvolare (ecco, appunto) sull fatto che prendendo il treno fa un viaggio di decine di ore, più di 24 di sicuro, e che, manco farlo apposta, i rapitori scelgono di levare le tende sempre salendo sullo stesso treno, cosa ci resta? Una storia ispirata con un ritmo e un'ironia che di rado si vedono nella serie e l'introduzione di un personaggio che sarà molto importante per Julia. Tutto infatti si svolge senza un attimo di tregua ed è spesso difficile capire dove gli autori vogliano andare a parare, molti personaggi, spesso macchiette divertenti costellano la storia. Su tutte la mia preferita è stata la giovane sposina novella che chiede consiglio a Julia, che crede con convinzione che la surclassi in esperienza, perché il marito le chiede "delle cose particolari"... Tanti auguri bella, caschi proprio male!
Julia e Tim O'Leary dal n. 24 ©Sergio Bonelli Editore
Abbiamo tanta azione, sparatorie, inseguimenti attraverso i vagoni e sul tetto del treno, una Julia che rischia la vita e che in certi frangenti sembra una Bond-girl piuttosto che una compassata insegnante. Un albo particolare, forse quello che ho preferito della sestina presa in esame, se non proprio fortissimo a livello di verosimiglianza di storia di sicuro molto spassoso. Viene introdotto poi il personaggio di Timothy "Tim" O'Leary, ladro gentiluomo, smascherato in un suo furto da Julia ma che poi la aiuta a salvare la bambina facendo breccia nel gelido cuore dell'indagatrice dell'animo. Il personaggio di Tim, dalle fattezze, i modi e il vestire classici e posati di un estemporaneo Cary Grant, in questa storia è solo appena abbozzato ma lo ritroveremo spesso nella serie e avremo modo di apprezzarlo come merita. Altra nota di merito per la copertina, con un Marco Soldi davvero ispirato. L'autore consigliato è Jack Ritchie con i suoi racconti brevi.
©Sergio Bonelli Editore

Il n.25 "Chi è Christine?" Berardi e Laura Zuccheri sfoggiano una storia zeppa di avvenimenti e parecchio ingarbugliata e un'altra più lineare ma non meno interessante in quanto riguardante il passato del nonno di Julia, sì il marito della megera sapientona. Da un lato un uomo chiede l'aiuto di Julia per ritrovare la figlia scomparsa, lei con Leo Baxter scopre che in realtà sono dei mafiosi a cercare la ragazza, in un'escalation di colpi di scena che comprende anche due sparatorie verranno a capo di una vicenda ai limiti dell'assurdo ma plausibile fino in fondo. Dall'altro lato della medaglia il numero è molto importante perché approfondisce la personalità della protagonista, il suo frugare tra i ricordi del nonno sepolti in soffitta ci mostrano sfaccettature ancora sconosciute di Julia, una sensibilità e un'umanità che poche volte prima di adesso era state palesate così. Anche nel finale, quando abbraccia Leo preoccupata per lui dopo la sparatoria, abbiamo un altro passo in avanti nella storia.
dal n. 25 ©Sergio Bonelli Editore
Finora abbiamo conosciuto una Julia che resta orfana da piccola, viene cresciuta dalla nonna e col nonno spesso in giro per il mondo a fare l'archeologo. La sorella minore, Norma, diventerà modella nonché avvezza all'uso delle droghe pesanti, mentre lei, studiosa di pianoforte, sceglierà la criminologia, si ritroverà trentenne senza l'ombra di un'amica (mai vista manco una che possa assomigliare a un'amica!) con la capacità di scegliersi gli uomini pari a zero, circondata da studenti all'università e casi di omicidi fuori di essa. Gli unici due punti fermi, Webb e Baxter, troppo presi dall'aver riguardo nei suoi confronti per provarci seriamente, senza contare che lei ci mette tutto l'impegno del mondo per tenerli alla larga. Problemi ne abbiamo? Parecchi. Poco ma sicuro.
Tornando all'albo, spassosa la scena in cui dà del geloso a Webb quando questi storce il naso nel sentire nominare Leo. Per i libri in questo albo ne abbiamo due: Baxter legge la biografia dell'aviatore britannico (che a Berardi interessi l'argomento? E' già il secondo che cita) Douglas Bader "Reach for the sky". Julia invece regala alla nonna la raccolta di poesie "A new path to the waterfall (Il nuovo sentiero per la cascata)" di Raymond Carver.

Nel n.26"Mentre la città brucia" ai disegni ritroviamo Caracuzzo e Zucheri che tornano a collaborare dopo il n.15. Anche stavolta come nell'albo precedente la storia si dipana in due vicende parallele e ben distinte oltre che distanti. Assieme alla polizia Julia indaga su una serie di incendi dolosi, tuttavia non abbiamo un piromane come accaduto in "Diluvio di fuoco", il n.4, ma tutto sembra convergere verso una serie di incendi per depistare i veri intenti truffaldini. Assieme a Baxter invece Julia decide di aiutare il proprio meccanico. Nick appunto, oltre che a spillare un sacco di soldi a Julia per la Morgan che la lascia sempre appiedata (opzione a- è un meccanico di merda che non sa fare il proprio lavoro; opzione b- finge si sistemarle l'auto per mungerle il portafogli), e oltre a lei chissà a quanti altri clienti, che fa con i soldi? Ovvio, va a puttane! E che fa il fesso? Si innamora di una puttana e vorrebbe riscattarla donandole la libertà. Fessi così ce ne sono ovunque, si sa, e devo dire che quando i papponi gli danno una bella ripassata non mi dispiace neanche un po', anzi. Sta di fatto che Baxet e Julia trovano l'amichetta del fesso... ops, del ladro... ops, del meccanico, vabbè avete capito, e Julia si becca anche due sberle dal protettore. Capirete che Leo si secca un po', sistema i cattivi e quello che ha picchiato la sua babe si becca sedici fratture. Quel che si dice avere il dente avvelenato. Quanto al meccanico, la sua amichetta torna in Grecia e in men che non si dica si sposa e sforna un pargolo, e buona giornata caro Nick.
Julia in questo albo legge stranamente Kurt Vonnegut ma purtroppo non ci è dato da sapere il titolo.

L'ultimo di questo sestetto è il n.27 "Io l'ho visto"dove torna Federico Antinori alle chine. Se il caso di omicidio in cui ci imbattiamo nelle prime pagine è molto classico, tutt'altro che classica è l'ambientazione: l'università di Julia, inoltre è lei stessa la testimone oculare della fuga del presunto assassino. Dopo ventisette numeri ci sta e non si corre il rischio di trasformare la Kendall in una signora Fletcher che dove passa ci scappa il morto. La storia tuttavia non si riduce a una banale caccia all'uomo come ci si aspetta, anzi, i ribaltamenti dei fatti nel finale riescono a sorprendere il lettore dando valore aggiunto alla storia.
Durante le indagini interessanti chiacchiere da bar tra Julia e Alan (Webb) sull'avere figli, nel caso trovassero la persona giusta. Ovvio.
Emily ascolta com'era già capitato Bob Marley, stavolta "Get up, stand up". Per i libri, su una scrivania all'università dove insegna Julia notiamo "The study of group" di Josephine Klein. Al cinema dove invece la Kendall va a chiedere informazioni danno Star Trek VII Enterprise Forever ma... nel 2000 non è uscito nessun film di Star Trek, al limite il nono film è uscito nel 1998, tenuto conto che però in teoria è un cinema specializzato in fantascienza mettiamo che facciano retrospettive solo che... Star Trek VII è "Generations" o forse mi sfugge qualcosa. La fantascienza è una cosa seria, non posso farci niente.

dal n. 25 ©Sergio Bonelli Editore