lunedì 14 agosto 2017

Julia 2004 (parte prima) - Gita in Texas

Retrospettiva fumetti: Julia n. 64,65,66,67,68,69,70


I sei numeri di questo primo semestre del 2004 in realtà sono sette perché la storia dei mesi di giugno e luglio è doppia e non aveva senso parlarne a metà, anche perché è la dimostrazione che con un numero di pagine elevato si riesce a strutturare una storia davvero intrigante. Ma andiamo con ordine.

tutte le immagini © SBE
Partiamo col n.64 "La notte dei diamanti" di Berardi & Mantero con ai disegni il tratto solenne e classico di Federico Antinori. Torna finalmente in scena il ladro piacione Tim O 'Leary dopo l'avventura sul numero 24 "Kidnapping Express" (ne ho parlato QUI), un ottimo personaggio, molto sopra le righe che, essendo un ragazzaccio, accende un bel po' le fantasie di Julia. Lui la contatta perché mentre si preparava per uno dei suoi furti da provetto Lupin III è venuto a conoscenza di un omicidio avrebbe avuto atto di lì a poco. Impossibilitato dal rivolgersi alla polizia ha pensato bene di rivolgersi alla bella criminologa. La storia finirà con un faccia a faccia tra tantissimi personaggi in un clima un po' forzato e molto retrò (azzeccatissima la scelta di Antinori per questo numero), in perfetto stile di "La signora in giallo" con tanto di spiegone finale.

La storia scorre veloce e piace, anche perché viene dato molto spazio al privato tra i personaggi: la vicenda si apre con Julia che esce con Webb e se lo sbaciucchia per poi finire la serata con Tim che, a sua insaputa, la aspetta a casa. Serata inzuppata anche per una dura come lei. Cederà alle lusinghe del ladro anche se a priori sa già che non poò finire bene. Forse l'ennesimo sistema per autopunirsi per desiderare più una storia con uno come Tim, ladro gentiluomo ma inaffidabile, piuttosto che con burbero ma sincero brav'uomo come Alan Webb.
Tim le ruba un libro, "I ragazzi della via Pal" di Ferenc Molnàr.

Nel n.65 "Segreti di famiglia" Berardi & Mantero con alle chine Enio, trasferta a Miami per Julia, impegnata in una serie di convegni ma che finirà, suo malgrado e come da più classico dei copioni, a dover risolvere un caso di omicidio. Numero quasi esotico per gli standard della testata per l'ambientazione e anche per lo svolgersi tardivo del crimine. Infatti bisogna attendere i 2/3 della storia perché avvenga il delitto e il lettore capisca dove tutto il cincischiare porti. Tuttavia la lettura è gradevole e a tratti spassosa, poco importa che sia dato poco spazio al "giallo" vero e proprio. Un numero per spezzare la routine, che forse non piacerà ai puristi ma in un'ottica globale della serie ci sta.

Il n.66 "La morte in linea"  Berardi, De Nardo & Calza con ai disegni Mario Jannì è forse il numero che mi ha preso di meno dei sette presentati. Julia indaga sulla morte di un impiegato, indagini, interrogatori... né alti, né bassi. Forse la parte più gradevole è quella casalinga in cui accoglie un gatto randagio che finisce per insidiare le grazie della sua Toni, specchio dei rapporti umani di Julia, del suo timore/desiderio di avere una famiglia e dei figli.

"Dopo cena, sistemai Toni nella mia stanza. Chiusi la porta a chiave, per precauzione. Poi la presi e la guardai negli occhi, intensamente. Le sarebbe piaciuto, un giorno, avere un compagno e dei cuccioli tutti suoi? Mi resi conto che lo stavo chiedendo soprattutto a me stessa." [Julia Kendall]

Il n.67 "La chiamavano Betsy Blue" (Berardi & Calza - Thomas Campi) si apre con un efferato omicidio di una ragazza. Julia seguirà varie piste, amici gelosi, professori non propriamente seri, il tutto in una sceneggiatura che ha nel saper depistare il lettore il suo punto forte. Fino all'ultimo infatti i nostri sospetti vengono canalizzati altrove. Un'ottima prova di Berardi che con maestria ci insegna come dev'essere strutturato un giallo.
Musica giovane in questo albo: "The end of the line" degli Offspring e locandine dei System of a down in risalto.

"Analizzare la scena del crimine. E poi allargare il raggio d'azione. Osservare tutto, fin nei minimi particolari. E' quello che ho imparato sul campo. Ora lo insegno ai miei studenti, all'università. Bisogna immedesimarsi sia con l'assassino che con la vittima. Bisogna imparare a sdoppiarsi, come un attore che interpreta diversi personaggi nello stesso film. Questo è il compito di un criminologo. Governare le proprie emozioni, però, non è sempre facile." [Julia Kendall]

Nel n.68 "Chi ha ucciso Norma Jean?" (di Berardi & Calza) torna Claudio Piccoli, sempre tra i miei preferiti per la sua Julia sbarazzina e dal viso tondo e fanciullesco. Lei e Baxter vivono una scoppiettante avventura, tra mito e realtà, in cui i rimandi storici si fondono con la fittizia Garden City, il tutto sulle tracce di un uomo che ha conosciuto, amato (e dalla quale ha ricevuto scottanti rivelazioni) nientemeno che Marilyn Monroe. Inseguimenti, appostamenti, rapimenti, non manca nulla. L'apporto di Leo conferisce sempre un po' più d'azione e spavalderia alle vicende, sempre valore aggiunto mai abbastanza sfruttato. La storia è piacevolissima, devo ammettere che il mescolare elementi e personaggi storici reali non fa che aumentare il coinvolgimento del lettore, Berardi e Calza si destreggiano a meraviglia e Marco Soldi firma una copertina fantastica.
Il libro citato è ovviamente "Il caso Marilyn Monroe" di Robert F. Slatzer, testo fondamentale per approfondire la vita e soprattutto la curiosa dipartita della diva.

E siamo giunti alla storia doppia quella dei n.69,70 "Attentato nel Texas" e "Il grande mare d'erba" di Berardi & Mantero con gli splendidi disegni di Laura Zuccheri.
Julia finisce a Wylmeth in Texas su richiesta di Leo Baxter, rimasto accoltellato in una scazzottata mentre indagava sulla scomparsa del padre di un amico. Ci troviamo subito in un luogo ben diverso da Garden City, ranch di possidenti terrieri, cowboy, una ambientazione molto accattivante per i miei gusti, anche lo sceriffo Jay Gammon è il classico prodotto del luogo: duro, semplice e diretto, che suscita simpatia. Spiace quasi che alla fine non nasca nulla tra lui e Julia vista la loro, seppur improbabile, affinità. Si ritrovano rimandi ai testi di Joe R. Lansdale che ci ha sempre fatto vedere un Texas crudo e rurale. Una storia complessa, ma non ostica, che meriterebbe la classica riedizione in versione cartonata di lusso. Variare l'ambientazione giova alla serie, c'è poco da fare, avere a che fare con polizia meno tecnologica e invadente esalta le qualità dell'indagatrice dell'animo. La migliore storia di questo 2004, spinta anche dai disegni sempre graditissimi di Laura Zuccheri, abilissima a esaltare le scene negli spazi aperti (attendo con ansia  il suo texone!) senza togliere femminilità ed eleganza a Julia.
A chi è piaciuta questa storia non posso non consigliare la serie tv Longmire, sebbene ambientata in Wyoming e non in Texas, si ritrovano i grandi spazi, l'atmosfera da cowboy d'altri tempi e il lavoro più classico dello sceriffo vecchio stampo.


nei numeri 69 e 70 gli ampi spazi e il senso di libertà trasmessi dai disegni di Laura Zuccheri



SE HAI TROVATO INTERESSANTE QUELLO CHE SCRIVO VISITA LA PAGINA DI PRESENTAZIONE DELLA MIA NUOVA ANTOLOGIA DI RACCONTI HORROR HOTEL MEZZANOTTE


sabato 12 agosto 2017

Il bruco - Edogawa Ranpo & Suehiro Maruo

tutte le immagini © Coconino Press & autori

Edogawa Ranpo è tra gli scrittori più complessi e che ammiro nel panorama letterario giapponese, purtroppo pochissime sue opere sono giunte da noi, tre per la precisione: il mostro cieco, la belva nell'ombra e l'inferno degli specchi. Quest'ultima uscita per Urania Collezione è una fantastica raccolta di racconti che comprende anche il bruco, un insieme di storie allucinate e incredibili che meriterebbero una attenta lettura da parte di tutti. Ovviamente tale volume non è più disponibile...

Ranpo è, se vogliamo semplificare, il Conan Doyle giapponese, ha creato il detective Korogo Akechi che in patria gode di una fama pari a quella del suo ispiratore Sherlock Holmes. Persino il famoso detective-ragazzino dei cartoni animati e dei manga Conan Edogawa (Detective Conan) omaggia i due autori (Edogawa Ranpo e Sir Arthur Conan Doyle) col proprio nome. Da noi tali storie poliziesche di Ranpo non sono arrivate, solo arrivate solo le sue novelle più cupe, morbose e malate. Ranpo raschia il fondo del barile della bassezza umana, dei suoi istinti sessuali primordiali, il tutto con un gusto per il grottesco talmente disturbante che ai miei occhi risulta addirittura ammirevole.

Il bruco è la trasposizione a fumetti, davvero ben fatta devo dire, di uno dei suoi racconti più famosi. Sinossi: Il giovane e brillante tenente Sunaga è tornato gravemente ferito dalla guerra russo-giapponese. Senza braccia né gambe, sordomuto, è ridotto a una creatura simile a un bruco. Acclamato come un eroe, presto liquidato con una medaglia e dimenticato da tutti. Solo Tokiko, la bella e sensuale moglie, gli resta accanto, condannata dall’amore e dalle convenzioni sociali a convivere con l’invalido silenzioso e mostruoso che una volta era suo marito. In un crescendo di attrazione e repulsione, il sesso resta l’unico legame possibile tra i due.

Davvero angosciante e spiazzante il rapporto che la moglie Tokiko finisce per avere col marito. Lo cura per dovere, ma lo ama con devozione a tratti esagerata e al contempo prova per lui un odio feroce. Lui l'ha privata della libertà, di una vita normale, persino della possibilità di un dialogo tra marito e moglie. Lei gli infligge piccole e umilianti punizioni che, agli occhi di un lettore che vede un uomo menomato come Sunaga, appaiono spietate fuori di modo. Eppure i due in un gioco di silenzi, sguardi rancorosi, gesti impulsivi, finiscono per avere nel sesso, perverso, morboso, un collante che li porta a una sorta di "equilibrio" e appagamento sadico necessario per proseguire la loro vita. Il sesso come unico momento, atteso e vivo, della routine giornaliera.

Ai disegni Suehiro Maruo, noto (si fa per dire) in Italia per Il vampiro che ride o (sempre su storia di Edogawa Ranpo) La strana storia dell'isola Panorama. Il tratto sembra anacronistico, pare fare il verso ai seinen anni settanta dallo stile realistico con contaminazioni, per le parti oniriche, di scelte riconducibili agli anni ottanta. Risulta comunque funzionale alla storia data la sua ambientazione nei primi del novecento. Resi benissimo i sensi di colpa della moglie, con tavole scarne ma molto comunicative, oltre agli sguardi dei protagonisti spesso più eloquenti dei dialoghi. 

L'edizione Coconino Press - Fandango come sempre di pregevole fattura, ottima carta per un brossurato 17x24 cm di 144 pagine a 17€, un po' tantino per un'opera di lettura davvero veloce.

Volume consigliato anche per conoscere le tematiche di un autore, Edogawa Ranpo, che merita senz'ombra di dubbio un approfondimento e mi auguro vivamente che qualche editore con un po' di sale in zucca porti le sue opere in Italia, con tutti gli scrittori giapponesi che vanno tanto di moda tradurre sebbene abbiano storie banali sarebbe giusto dare spazio a un genio di tale risma.


A fumetti sempre della coppia Edogawa Ranpo & Suehiro Maruo:
  • La strana storia dell'isola Panorama (Coconino Press - Fandango)

Libri di Edogawa Ranpo tradotti in italiano:
  • Il mostro cieco (Romanzo edito da Marcos y Marcos)
  • La belva nell'ombra (Romanzo edito da Marsilio)
  • L'inferno degli specchi (antologia di racconti edita da Mondadori su Urania Collezione n.99)


SE HAI TROVATO INTERESSANTE QUELLO CHE SCRIVO VISITA LA PAGINA DI PRESENTAZIONE DELLA MIA NUOVA ANTOLOGIA DI RACCONTI HORROR HOTEL MEZZANOTTE

domenica 30 luglio 2017

Wonder Woman - Terra Uno

Grant Morrison non risparmia nessuno


Che il film di Wonder Woman abbia fatto da traino a una serie di iniziative relative all'amazzone di Isola Paradiso non ci piove, anzi, è un bene. Wonder Woman è un'eroina atipica e unica del suo genere, ben più umana di Superman, ha la super forza ma soprattutto un super cuore. E' al di sopra delle dispute maschiliste/femministe, propensa al compromesso costruttivo e rivolta sempre al bene superiore. Che poi sia una fica pazzesca agli occhi dei comuni umani e lettori poi non è certo una brutta cosa.

I fumetti di WW non mi hanno mai esaltato (un anno dopo carino, l'attacco delle amazzoni mah... new 52 niente da fare, l'ultima rinascita mi lascia perplesso) la mitologia mi piace ma le trame spesso sono scontate e poco coinvolgenti. Molto meglio quando è alle prese con problematiche più terra terra, senza contare il suo ottimo apporto e il carisma non indifferente delle avventure in team con la Justice League o anche i team-up assieme a Batman o Superman.

Wonder Woman Terra Uno, volume 1, (ri)narra le origini di Diana, di come lascia Isola Paradiso e di come inizia ad approcciarsi al mondo degli uomini. Banale? Non lo erano state le altre genesi di questa collana, né il Batman Terra Uno di Geoff Johns, né il Superman Terra Uno di Michael Straczynski (il cui secondo volume è molto deludente però). Non lo è di sicuro neanche questa storia scritta da Grant Morrison, non il primo che passa e di sicuro uno che se ne sbatte i coglioni allegramente di metterci del suo. Nella storia, per quanto fedele al classico (usa però forse troppa tecnologia per i miei gusti), Morrison non risparmia nessuno: fa fare una figura merdosa  tanto alle femministe che ai maschilisti e critica aspramente il militarismo mescolando le carte in maniera strepitosa. Tanto per citare un esempio quando entra in scena l'amica umana di Diana, la cicciottella Beth, le stesse amazzoni iper-femministe criticano la sua stazza al pari del peggiore dei maschi superficiali, giochetti del genere rendono una sceneggiatura quasi obbligata qualcosa che finisce inevitabilmente sopra la media.

Diana è resa benissimo, ingenua ma non sprovveduta, giovane ma scaltra (da sbellicarsi la scena in cui prima chiede a Steve Trevor se è un uomo e senza aspettare risposta gli mette una mano tra le gambe per controllare). Si dimostra adulta e sagace nel prendere le decisioni giuste e costringere la madre iperprotettiva Ippolita a vederla come una donna e non più come una bambina. Wonder Woman è la più caritatevole tra i supereroi, ma sa anche essere spietata all'evenienza. Prototipo fin troppo utopico della donna moderna, esempio non banale ma difficile da seguire. 

"Sono arrivati rapporti, incluse testimonianze oculari da parte di ufficiali, di un misterioso aeroplano trasparente pilotato da una modella adolescente in costume da bagno tanto forte da sollevare una jeep." [un militare]

I disegni di Yanick Paquette, a una prima occhiata mi erano parsi poco originali, eppure le amazzoni sono splendide così come le ambientazioni a Isola Paradiso, il resto è funzionale alla storia anche se in alcune tavole sembra aver fatto solo il compitino.

Unica cosa che mi ha fatto storcere il naso (e qui gli eroi da tastiera pronti a lapidare, che usando le parole magiche fascista, razzista, omofobo, per passare subito dalla parte della ragione possono sbizzarrirsi) il far diventare di colore Steve Trevor, sì, l'aviatore che è sempre stato biondino e fisicamente caratterizzato in maniera fedele ai vari fumetti da Chris Pine nel film . Capisco il voler essere politically correct o in linea con le mode marvel e dc che scombussolano etnie e sessi per far felici non so chi, ma io sono per una coerenza storica e visiva dei vari personaggi. L'unico cambio etnia/sesso davvero funzionale alla storia per darle qualcosa in più che ho trovato negli anni è stata la Joan Watson della serie tv Elementary, tutto il resto non serve.

Un fumetto in definitiva che consiglio, sia come primo approccio che per il lettori navigati.





SE HAI TROVATO INTERESSANTE QUELLO CHE SCRIVO VISITA LA PAGINA DI PRESENTAZIONE DELLA MIA NUOVA ANTOLOGIA DI RACCONTI HORROR HOTEL MEZZANOTTE

sabato 22 luglio 2017

Lavennder - di Giacomo Bevilacqua

Un vacanza tranquilla... ma anche no!


tutte le immagini
© Sergio Bonelli Editore & Giacomo Bevilacqua
Non sono sparito, tranquilli, l'uscita del nuovo libro ha catalizzato il mio tempo e la tastiera del mio computer, ma le letture non si sono mai fermate e cose carine in questo periodo ne sono uscite e ne ho lette parecchie. Lavennder è sicuramente una di queste!

Dopo le scanzonate vignette di "a Panda piace" e la storia impegnativa di "Il suono del mondo a memoria" Giacomo Keison Bevilacqua opta per una via di mezzo di grande impatto visivo con una trama più lineare e semplice, anche per le 128 pagine a disposizione che sono piuttosto limitanti per qualcosa di molto articolato.

Sinossi. Una vacanza in paradiso, tra le acque cristalline dell'oceano. Un'isola perfetta, incontaminata, deserta... O no? Dietro questa facciata idilliaca, questo scenario da cartolina, i giovani Gwen e Aaron intravedono qualcosa di inquieto e misterioso. Qualcosa che si muove tra le fronde, nel fitto della foresta. E sembra spiarli. C'è forse qualcun altro insieme a loro, in quel luogo remoto?

Una storia estiva, che sa di già visto di primo acchito (ma a volte le storie non è importante cosa dicono, ma come lo dicono), un po' horror b-movie vacanziero, con citazioni da lo squalo, lost e compagnia bella, ma il finale... ragazzi, il finale potrebbe fare incazzare qualche vecchietto puntiglioso, eppure io l'ho trovato di una genialità che invidio e che ammetto vorrei fosse venuto in mente a me per una delle mie storie. Finale che non svelo (ma una volta letto vi verrà in mente in automatico l'anagramma appropriato per il titolo ^_^ ) ma che innalza la storia da piacevole trastullo sotto l'ombrellone a fottuta genialata!
I disegni sono una cosa pazzesca, azzeccati, con i colori che ti danno proprio la sensazione di caldo e sole. La cosa più bella di tutte però sono i riflessi dell'acqua e la luce che filtra tra le fronte degli alberi facendo giochi di luce e ombra sui personaggi. Una resa magistrale.

Unica nota stonata in un contesto pressoché perfetto è (non me ne voglia Aldo Di Gennaro, il copertinista della collana) appunto la copertina! Efficace come tutte quelle de "le Storie", certo, ma che cazzo, Bevilacqua ti fa storia, disegni e colori, fategli fare anche la copertina! E poco mi importa se in una futura versione cartonata da libreria questo problema verrà risolto.

In definitiva un volume che metterò in libreria accanto a "Sangue e ghiaccio"di Faraci & Frisenda, forse le due migliori storie che ho letto fino ad adesso. 130 pagine a colori a 6,30€ di un grande autore sono un acquisto obbligato.


Dal sito della Sergio Bonelli Editore un video di come l'artista colora le tavole dell'albo:

Dello stesso autore ho parlato anche della sua precedente opera "Il suono del mondo a memoria" esattamente QUI

SE HAI TROVATO INTERESSANTE QUELLO CHE SCRIVO VISITA LA PAGINA DI PRESENTAZIONE DELLA MIA NUOVA ANTOLOGIA DI RACCONTI HORROR HOTEL MEZZANOTTE 

 

domenica 25 giugno 2017

"Voce di lupo" di Laura Bonalumi

La solitudine e la natura come cure per un cuore afflitto


A volte nei libri per ragazzi c'è tutto quello di cui abbiamo bisogno, non servono paroloni o storie complicate dai significati astrusi se non pretenziosi.

Basta un tredicenne, Marco, che ha subito la perdita dell'amico Giacomo, e non è sufficiente l'amore puro che prova per lui Chiara o l'affetto forse troppo protettivo e poco comprensivo dei genitori per fargli, se non superare, almeno accettare l'infausto evento. Marco ha bisogno di solitudine, di ritrovare se stesso, il piacere di vivere. Per farlo sceglie di scappare nel bosco, il bosco che tanto ama, la natura magari non selvaggia ma lontana quanto basta dalla civiltà e dalla frenesia, dalle persone, per far sì che il ragazzo possa riflettere senza pressioni e libero, autonomo.
Il protagonista lascia una lettera, non vuole fare pazzie, ma vallo a spiegare a genitori apprensivi, o all'amica che come lui ha già subito il lutto dell'amico e si ritrova, sebbene in maniera diversa, affranta e abbandonata. Marco con le sue scorte di viveri, il sacco a pelo, la tenda, vivrà un'esperienza catartica in cui ritroverà il senso della vita, imparerà ad accettare le cose che essa ci porta via e ad apprezzare quelle che invece abbiamo, che ci fanno andare avanti e ci danno gioia.
Non solo un libro per ragazzi, ovvio, tutti abbiamo subito delle perdite, tutti abbiamo dovuto confrontarci con quel vuoto incolmabile che man mano, come dice l'autrice, non si riempie mai ma viene accompagnato col tempo da un'accettazione e una gestione dei ricordi che ci fa bene piuttosto che straziarci.

Perché alla fine, di fronte alla scomparsa di un amico, siamo tutti come dei ragazzini indifesi e sconsolati.



["Voce di Lupo" di Laura Bonalumi - ed. Piemme - collana: il battello a vapore, i vortici - 2017 - pp.189 - brossurato con alette ]



E' uscita la mia nuova antologia di racconti, "HOTEL MEZZANOTTE",
clicca QUI per leggere la pagina dedicata ^_^


venerdì 9 giugno 2017

Everyman - Philip Roth

La vecchiaia non è una battaglia: la vecchiaia è un massacro


"Ma la cosa più straziante è sempre la normalità, il constatare ancora una volta che la realtà della morte schiaccia ogni cosa" [Philip Roth]

Mi sa che definirlo il libro più deprimente che abbia mai letto è riduttivo.
Di primo acchito mi ha attirato per la copertina, completamente nera, nella sua prima edizione italiana come in quella originale, ho pensato subito che fosse una mossa azzardata ma più figa che mai. Col senno di poi la trovo l'altra faccia della medaglia de "Il giovane Holden", che aveva la copertina completamente bianca e che faceva della giovinezza e della leggerezza nell'affrontare il domani il suo dogma.

"Devi prendere le cose come vengono. Tener duro e prendere le cose come vengono. Non c'è altro sistema."

Everyman è l'esatto contrario, una lunga, estenuante, agonia di un uomo verso la morte, il viaggio di una vita scandito da malattie, errori e amori,  tappe il cui arrivo è quello di tutti gli uomini, un cappottino di legno sotto un metro e mezzo di terra. Everyman è il suono dell'inevitabilità, della pochezza umana diretta verso l'oblio. Non a caso il romanzo si apre con il funerale del protagonista, giusto per far capire al lettore subito che non c'è finale, ovvero che il finale si sa già, ed è il finale di tutti. Di tutti gli uomini come dice il titolo. Toglie il dubbio e lascia il viaggio, la vita come unica cosa su cui concentrarsi. Neanche il nome si sa del protagonista, ma non ce ne rendiamo neanche conto durante la lettura. Di Roth avevo letto solo Il seno, che poco svelava delle capacità di narratore di questo autore che merita davvero molto, qui in 120 pagine che sembrano tante di più non si riesce a non provare empatia per un protagonista mediocre che, nella sua umanità, compie sbagli grossolani e lotta contro la solitudine come molti di noi potrebbero fare. Una storia talmente e intimistica che può risultare disturbante per alcuni ma che io ho trovato toccante e mi ha molto colpito.

"Se riuscirò a scrivere questi ricordi, avrò detto alla gente chi sono. Se riuscirò a scriverli, morirò col sorriso sulle labbra."

La cosa importante è la ricerca del sentirsi vivi e meno soli, finché si flirta tutta l'esistenza con quella che sarà la nostra ultima amante: la morte.

"Voltati indietro ed espia le colpe che puoi espiare, e con quello che ti resta tira avanti meglio che puoi."